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di Maria Claudia Villani
L’Agenzia Europea dei Diritti Fondamentali: un valore aggiunto o l'ennesima duplicazione in materia di tutela dei diritti umani?
Dinanzi al preoccupante dilagare di fenomeni che, non solo nel nostro Paese, ma in tutti gli Stati europei, evidenziano come i diritti e le libertà fondamentali della persona siano costantemente minacciati, è lecito chiedersi quali siano concretamente le strutture e gli strumenti operativi in grado di fornire una tutela efficace all’individuo.
Negli ultimi anni l’Unione europea ha sicuramente compiuto degli indiscutibili passi in avanti sul terreno del riconoscimento dei diritti e delle libertà quali principi generali dell’ordinamento comunitario, desumibili, insieme, dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali (CEDU) e dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri.
Abbandonando la propria impostazione puramente economica ed assumendo i contorni di un vero e proprio ordinamento sopranazionale, la Comunità, prima a livello giurisprudenziale ed in seguito anche a livello testuale, ha gradualmente fatto proprio il compito di assicurare al proprio interno la protezione dei diritti fondamentali, tanto in relazione agli atti statali quanto in relazione agli atti di sua competenza.
Tale processo, pur caratterizzato inizialmente da una certa riluttanza e da una grande cautela, ha senz’altro contribuito a conferire all’ordinamento comunitario la legittimazione di sistema in grado di esibire “qualità” costituzionali tali da “sostenere” il trasferimento di poteri sovrani da parte degli Stati membri. La dottrina dei diritti fondamentali si è, così, dimostrata in qualche modo strumentale alla soluzione di un problema più generale: quello della legittimazione del primato del diritto comunitario rispetto agli ordinamenti degli Stati membri, cui tradizionalmente spetta la salvaguardia dei diritti.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata per la prima volta a Nizza il 7 dicembre 2000 e nuovamente a Strasburgo il 12 dicembre 2007, ha rappresentato sicuramente negli obiettivi e nei contenuti, la piena realizzazione della politica secondo cui all’“Europa dei mercati e all’Europa degli Stati si deve affiancare necessariamente l’Europa dei cittadini e dei diritti”. Sebbene, in conseguenza dell’esito negativo dei referendum in Francia e in Olanda nel 2005, si sia persa l’occasione di trasformare questo solenne documento in strumento giuridico vincolante attraverso la sua incorporazione nel “Trattato che adotta una costituzione per l’Europa” essa rimane un punto di riferimento nel cammino verso la creazione di un “nuovo diritto comune delle libertà in Europa”, come conferma la sua integrazione nel diritto primario europeo ad opera del nuovo Trattato di Lisbona, che contempla altresì l’adesione dell’UE alla CEDU.
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