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di Giulio M. Salerno
La sospensione dei processi penali relativi alle alte cariche dello Stato davanti alla Corte costituzionale
La legge 23 luglio 2008, n. 124 – la cosiddetta “legge (o lodo) Alfano” - che è attualmente sottoposta al sindacato della Corte costituzionale, implica un intricato complesso di problematiche sia di ordine politico-istituzionale che di rilievo costituzionale.
Come noto, la legge in questione, dopo la legge n. 140 del 2003 dichiarata sul punto costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 24 del 2004 della Corte costituzionale, predispone un meccanismo di protezione nei riguardi dei titolari di alcune delle più alte cariche dello Stato – il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Assemblee parlamentari ed il Presidente del Consiglio dei ministri - allorché essi siano oggetto di processi penali attinenti a fattispecie verificatesi prima o dopo l’assunzione della carica, e tuttavia diverse da quelle connesse ai “casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione”, cioè ai reati – rispettivamente presidenziali e ministeriali – commessi nell’esercizio delle funzioni, e per i quali trova sempre applicazione la corrispondente e specifica disciplina costituzionale e legislativa.
Pertanto, la normativa in questione non interferisce sull’esecuzione del giudicato penale determinatosi in via definitiva prima dell’assunzione delle predette cariche, ma determina, a partire da questo stesso momento, la sospensione dei processi penali anche eventualmente già iniziati prima di entrare nell’esercizio delle funzioni. Tale sospensione, secondo la disciplina legislativa, è temporaneamente collegata all’intera durata della carica o della funzione, e dunque viene meno soltanto al definitivo cessare di queste ultime. La sospensione, poi, per un verso non è reiterabile in caso di nuova nomina alla medesima carica, salvo che ciò avvenga nel corso della stessa legislatura, e per altro verso non continua ad applicarsi in caso di successiva nomina in un’altra delle altre cariche o funzioni sopra specificate. Per di più, la protezione in questione è rinunciabile “in ogni momento” su richiesta dello stesso titolare della carica. Inoltre, la legge consente che, in regime di sospensione, si possa procedere all’assunzione delle prove non rinviabili, non decorrano i termini processuali ai fini della prescrizione del reato, non si produca l’ordinario effetto sospensivo nei confronti del corrispondente procedimento civile, così come si prevede che nell’azione intentata dalla parte civile i termini di comparizione siano ridotti alla metà e che tale azione abbia la precedenza nella fissazione dell’ordine di trattazione delle cause. Infine la sospensione si applica espressamente anche ai “processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado alla data di entrata in vigore” della legge, così chiarendosi che il meccanismo riguarda anche i processi per i quali l’azione penale sia stata già avviata al momento dell’entrata in vigore della legge. Il predetto riferimento ad “ogni stato, fase o grado” del processo, tra l’altro, sembra estendere l’effetto sospensivo anche alla “fase” che precede il processo in senso stretto, ossia alla fase dell’attività giudiziaria che è successiva all’esercizio dell’azione penale, sicché se ne dovrebbe dedurre che la sospensione riguarda anche l’indagine preliminare.
(segue)
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