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di Stefano Nespor
Denaro e giustizia: come si fa ad avere un giudice indipendente?
Negli ultimi tempi è comparsa, ad iniziativa di alcuni esponenti di un partito politico della maggioranza di governo, la proposta di introdurre anche in Italia un sistema in cui i giudici vengono eletti dal popolo. È una proposta formulata senza troppa convinzione e frettolosamente accantonata dopo le prime proteste, senza neppure innescare un serio dibattito sull’argomento. Resta, tuttavia, una proposta che può ottenere impreviste adesioni in una fase di intensa contrapposizione istituzionale tra potere politico e potere giudiziario.
Può quindi essere utile illustrare quanto sta accadendo nella patria di origine delle selezione elettiva dei giudici, gli Stati, Uniti. Partiamo da una recente vicenda.
Nel 2004 una società operante nello stato di West Virginia offrì un contributo di 3 milioni di dollari per la campagna elettorale di Brent Benjamin, un candidato al posto di giudice della Corte suprema di quello Stato. Il candidato fu eletto e nel 2007 partecipò ad una decisione che di stretta misura (5 giudici dei nove della Corte) annullò la sentenza dei giudici di merito di condanna di quella società al pagamento a favore di una società concorrente di un risarcimento di 50 milioni di dollari.
Quest’ultima ha impugnato la decisione davanti alla Corte Suprema federale, sostenendo di non aver avuto un giudizio imparziale, così come garantito dalla Costituzione degli Stati Uniti. L’8 giugno 2009 la Corte Suprema federale, prendendo in esame per la prima volta il problema della rilevanza dei contributi sulla campagna elettorale dei giudici per favorirne l’elezione, ha annullato la decisione (ancora una volta, con una ristretta maggioranza), sostenendo che il consistente importo del contributo ricevuto e il fatto che il contribuente avesse un giudizio in corso proprio davanti alla Corte Suprema del West Virginia avrebbe imposto al giudice Benjamin di astenersi (la decisione è: Caperton v.Massey).
(segue)
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