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di Andrea Vannucci
Permessi temporanei e rimpatri. La partita tra Lampedusa, Roma e Bruxelles
Le rivoluzioni in Nord Africa e la crisi libica hanno accentuato un problema già esistente: il controllo delle frontiere a sud dell’Unione europea. L’Italia, a causa della sua posizione geografica, si trova a essere la porta d’ingresso dell’Europa.
Il Governo italiano nel fronteggiare l’emergenza ha scelto una doppia strada non priva di contraddizioni. Da un lato ha unilateralmente concesso permessi temporanei ai migranti giunti entro una certa data, in linea di principio validi per tutta l’area Schengen, e il 25 marzo scorso ha autonomamente avviato un negoziato con Tunisi dai contorni poco chiari, dall’altro si è appellato all’Unione europea per trovare una soluzione condivisa per la risoluzione del problema dell’accoglienza dei migranti arrivando addirittura a minacciare l’uscita dell’Italia dall’Europa in caso contrario.
Nel contesto attuale se l’Italia è la porta d’entrata dell’Europa, sicuramente la Tunisia è quella di uscita dall’Africa.
Il dopo Ben Alì vede un paese allo stremo, alle prese con una transizione che non si preannuncia facile e gravato ulteriormente dall’aver dovuto concedere accoglienza agli oltre centomila profughi provenienti dalla Libia in guerra. In tale situazione la fuoriuscita di molti giovani in cerca di una strada per sopravvivere e per aiutare le proprie famiglie con le rimesse dall’estero è visto come il modo più veloce ed efficace per far ripartire il paese. Del resto la storia si ripete, alla fine di una guerra o di una dittatura, con un paese libero, ma economicamente a terra, l’emigrazione verso altri lidi aumenta in misura esponenziale. È successo in Albania negli anni Novanta così come era successo in Italia nel secondo dopoguerra...
(segue)
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