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NUMERO 21 - 07/11/2012

 La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e il diritto a elezioni libere In merito alle pronunce Tanase c. Moldavia e Namat Aliyev c. Azerbaijan

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha contribuito in modo sempre più incisivo a definire l’importanza del principio democratico che pervade l’interpretazione e l’applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, enfatizzando la centralità del “diritto a libere elezioni” garantito all’articolo 3 del Protocollo 1 e sostenendo con forza che la procedura elettorale deve essere finalizzata a determinare la volontà del popolo tramite lo strumento del suffragio universale. Ciononostante, i diritti incastonati nel suddetto articolo non sono assoluti, e gli Stati mantengono il loro (sovrano) margine di apprezzamento nella definizione degli elementi tecnici dei sistemi elettorali e della legislazione elettorale di contorno. Il contesto storico-politico e sociale, inoltre, contribuisce a dare significative sfumature di valore a questi elementi tecnici, facendo irrompere la Storia nella riflessione sulle tecniche della rappresentanza politica e sulla definizione di quello che autorevole dottrina definisce il diritto alla partecipazione politica.Inaugurata nel 1987 con la prima pronuncia in merito all’articolo 3 del Protocollo 1 (Mathieu-Mohin et Clerfayt c. Belgique - Ricorso n. 9267/81 del 2 marzo 1987),la giurisprudenza della Corte europea dei diritti di Strasburgo è aumentata in modo consistente con l’inizio degli anni ‘90 ed è stata particolarmente ricca e articolata nel 2010, con la stesura di ben otto pronunce. Tra queste, meritano di essere analizzate in modo congiunto due sentenze, Tanase c. Moldavia (Ricorso n. 7/08 del 27 aprile 2010) e Namat Aliyev c. Azerbaijan (Ricorso n. 18705/06 dell’8 aprile 2010), che presentano profili di particolare interesse... (segue).



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