
Il tema della pubblicazione delle leggi – statali e regionali – negli appositi giornali ufficiali è di grande interesse per un paio di ragioni che vanno congiuntamente considerate. In primo luogo, naturalmente, la pubblicità anzidetta ha una valenza legale, poiché consente il pieno dispiegamento degli effetti giuridici della legge nell’ordinamento; in secondo luogo, è strumento fondamentale di conoscibilità della legge stessa presso i suoi destinatari, che non possono, a pubblicazione avvenuta, invocare il principio della scusabilità della loro ignorantia, sussistendo in capo a essi una generalizzata presunzione di conoscenza che travalica le vicende individuali dei singoli. La stampa e la diffusione dei giornali ufficiali, dunque, rileva sotto il fondamentale profilo della cittadinanza democratica: poiché l’osservanza della legge è imposta dall’art. 54 della Costituzione, è necessario che i cittadini, al fine di non violarne il disposto, siano messi in condizione di adempiere a tale dovere mediante la predisposizione, da parte dei pubblici poteri, di idonei strumenti di conoscenza del disposto normativo. La Corte costituzionale ha ben chiarito che il rispetto dei precetti giuridici è il frutto di un reciproco avvicinamento tra i consociati – sui quali gravano specifici obblighi di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all'art. 2 della Carta fondamentale – e lo Stato, che deve adoperarsi affinché si realizzi l’oggettiva conoscenza della legge rendendola pubblica attraverso idonei strumenti di diffusione. Il problema sta nel capire se e in che misura gli attuali strumenti di pubblicità legale – Gazzetta Ufficiale, da un lato, e Bollettini ufficiali regionali, dall’altro – assolvano il compito di rendere effettivamente conoscibili le leggi, in particolare con riguardo alle modalità con cui tale incombenza viene concretamente espletata. È ampiamente condiviso, in dottrina, che le leggi siano troppe, mal scritte, spesso sconosciute persino allo stesso legislatore (che non a caso, in numerose occasioni, si avvale della cosiddetta abrogazione innominata). Questa iperproduzione normativa non agevola di certo, a maggior ragione, l’assolvimento di quegli oneri di conoscenza, che sono costituzionalmente imposti, ad opera dei singoli individui, che possono contare solo ed esclusivamente sulla pubblicazione dei giornali ufficiali per averne cognizione. Si pone, allora, la questione della capacità divulgativa di questi ultimi, nel senso della loro attitudine a consentire il massimo accesso possibile agli atti ivi pubblicati a tutti i cittadini in condizioni di eguaglianza. Il punto, in ultima analisi, non è solo favorire la conoscibilità della legge, ma anche garantire la più ampia accessibilità agli strumenti pubblicitari, sia che si sostanzino nell’uso di modalità tradizionali (la stampa su carta), sia che assumano – come, si vedrà, sovente accade – forme più “moderne” (la pubblicazione on-line)... (segue)
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