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NUMERO 4 - 19/02/2014

 Le esperienze degli 'incarichi condizionati' da Gronchi a Saragat

L’incerto scenario politico configuratosi sin dall’avvio della XVII legislatura e la lunga situazione di sostanziale “stallo” venutasi a determinare nella nomina del nuovo Gabinetto hanno indotto a riprendere la problematica - per così dire “classica” - del procedimento di formazione del Governo, in particolare circa i poteri che il Capo dello Stato può e deve esercitare per assolvere al suo dovere costituzionale di risolvere la crisi di governo. Il dibattito si era maggiormente intensificato dopo che il Presidente Napolitano, notoriamente impossibilitato a sciogliere (nuovamente) le Camere per il vincolo del semestre bianco, con una novità assoluta, aveva proceduto alla nomina di due c.d. “Commissioni di saggi”, con il compito di individuare le prioritarie riforme (rispettivamente) istituzionali ed economiche idonee a precostituire una valida piattaforma programmatica che potesse fungere da volano per coagulare la necessaria maggioranza parlamentare, in quel momento difficile da individuare, suscitando in tal modo diverse e contrastanti reazioni. Se, da un lato, si è valutato favorevolmente l’operato del Presidente, il quale, rinunciando a dimettersi anticipatamente per lasciare spazio alla propria successione, foriera di una nuova e ravvicinata elezione delle assemblee parlamentari a legge elettorale invariata, avrebbe dato prova di senso di responsabilità istituzionale, d’altro canto è stata anche vivacemente contestata la novità della nomina dei dieci espertie, soprattutto, il conseguente “congelamento” del Governo cd. tecnicoguidato da Mario Monti, ancora non espressamente sfiduciato, ma nemmeno mai investito della fiducia iniziale, da parte delle nuove Assemblee parlamentari...(segue) 



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