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di Giancarlo Scalese
L’impossibilità per lo Stato di invocare il proprio diritto interno al fine di sottrarsi al rispetto del diritto internazionale: una questione sottovalutata?
In virtù di un consolidato principio di diritto internazionale generale, gli Stati non possono invocare il proprio diritto interno per giustificare il mancato assolvimento degli obblighi su di essi incombenti, qualunque ne sia la fonte. Con specifico riguardo innanzitutto alle norme di origine pattizia, il divieto in parola risulta solennemente sancito dall’art. 27 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 1969 (in prosieguo: la “CV”), che, intitolato “Internal law and observance of treaties”, stabilisce: “A party may not invoke the provisions of its internal law as justification for its failure to perform a treaty. This rule is without prejudice to article 46”. Questa disposizione, peraltro pedissequamente riprodotta dall’art. 27 dell’omologa Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati conclusi dalle Organizzazioni internazionali, del 1986, si pone quale naturale corollario della fondamentale regola pacta sunt servanda... (segue)
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