
Per circa trent’anni, dai primi ’80, quando Alianza Popular (poi dal 1989 Partido Popular) subentrò all’Ucd di Suarez come perno di centrodestra del sistema in alternativa al Psoe, il sistema dei partiti è stato in Spagna particolarmente stabile. Per una curiosa coincidenza esattamente 34 anni fa oggi, col tentato golpe di Tejero, si assisteva in realtà all’ultima fase di vista di quella Ucd che aveeva guidato i Governi della transizione e, che insieme al Psoe, costituiva il perno della maggioranza costituzionale. Dopo quel periodo la vita politica è stabilmente marcata dalla centralità di Psoe e Pp, col primo che dal 1982 realizza una lunga egemonia fino al 1996, poi sostituito dal PP per otto anni, quindi dal Psoe per sette e quattro anni fa di nuovo dal PP. I due maggiori partiti nazionali (PAES-partidos de ambito estatal), sommati, veleggiavano intorno all’80% dei voti. Grazie al sistema elettorale il primo di essi poteva costituire un Governo monocolore di maggioranza assoluta o, comunque, di maggioranza relativa (molti preferiscono parlare in questo caso di “Governi di minoranza”, personalmente però ritengo più corretto parlare di maggioranza relativa), con l’appoggio di uno o più partiti regionalisti (PANE- partidos de ambito no estatal). Va ricordato, per fare qualche breve precisazione costituzionale, che la sola Camera dei deputati ha il rapporto fiduciario e prevale su quasi tutte le leggi rispetto ai dissensi col Senato. Quest’ultimo è eletto direttamente per quattro quinti ed è integrato per un quinto da eletti dei Consigli regionali. Il rapporto fiduciario intercorre col solo Presidente del Governo, non con l’intero esecutivo. Il candidato alla Presidenza del Governo è individuato dal Re insieme al Presidente della Camera ed è quindi soggetto al voto palese di investitura della Camera; solo in seguito nomina i ministri; ha il potere di scioglimento delle Camere. Può essere sfiduciato solo con mozione costruttiva... (segue)
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