Le vicende portate all'attenzione della stampa dai recenti arresti romani di questi giorni troveranno infine una valutazione giudiziaria, oltre che mediatica. E avranno i loro – si spera brevi – tempi. Rimane - come ha recentemente sottolineato Sabino Cassese - una grave questione istituzionale: cosa fare di una città che appare sfiduciata, come ridare al Paese una Capitale. E la risposta deve permettere di discutere di idee e di progetti, non di persone, anche se naturalmente le istituzioni camminano sulle gambe delle persone fisiche. Una prima, significativa linea di riflessione ce la offre proprio la Costituzione, questa volta non nel suo testo originario, bensì nella pur tante volte criticata riforma del Titolo V del 2001: nel terzo comma dell'art. 114 si legge che "Roma è la Capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento". Si tratta in verità di un tema radicato nel dibattito e nella storia del Paese, che non era mai approdato fino al 2001 ad un ancoraggio costituzionale per ragioni legate alla vicenda storica italiana: la volontà di non esaltare il ruolo di Roma come caput mundi; il tradizionalmente complicato rapporto dello Stato italiano con Roma intesa come "centro della cristianità"; il timore di rievocare l'esperienza fascista del Governatorato di Roma. Ma anche una volta che la difficoltà dell'inserimento del tema in Costituzione è stata superata, l'attuazione della disposizione è però ricaduta nuovamente nella incertezza. Di Roma Capitale, delle modalità di attuazione di questa innovativa – e apparentemente condivisa – scelta costituzionale, non se ne è mai parlato autonomamente, dedicando ad essa uno specifico capitolo della discussione politica e istituzionale, ma solo in strumentale collegamento con altri temi e altre vicende... (segue)
ITALIA - DOTTRINA
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