
I tentativi di riformare la Costituzione si perdono nel tempo e sono stati tutti segnati dall’insuccesso: dalla Commissione Bozzi, istituita nel 1983, alla Bicamerale De Mita-Jotti del 1992, per arrivare alla Commissione Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema nel 1997. Stessa sorte toccò, durante la XIV legislatura, al disegno di legge costituzionale recante la modifica della seconda parte della Costituzione. L’odierno testo di riforma riprende in larga misura le proposte contenute nella relazione finale presentata dalla Commissione per le riforme costituzionali istituita dal Governo Letta nel 2013. L’aggiornamento della Costituzione costituisce adesso un passaggio ineludibile per provare a superare definitivamente la delicata congiuntura economica ed istituzionale che il Paese attraversa. Oggi a quasi settanta anni dalla nascita della Repubblica italiana siamo oramai lontanissimi dai pericoli che portarono i Padri Costituenti alla scelta di una debole razionalizzazione del modello parlamentare, proprio al fine di scongiurare il rischio di costruire un sistema che consentisse un eccessivo rafforzamento del potere Esecutivo. L’opzione per una forma di governo parlamentare con una debole razionalizzazione è frutto del complesso scenario politico . istituzionale dell’immediato dopoguerra, con il ventennio fascista appena concluso e la guerra fredda alle porte. Prevalse, infatti, in sede di lavori preparatori, il timore che si potesse nuovamente piombare in un regime di stampo autoritario, ma nello stesso tempo, si avvertì la preoccupazione di evitare le degenerazioni del parlamentarismo che, in un recente passato, avevano contribuito alla nascita del regime fascista. Così, i Costituenti raggiunsero l’intesa con l’approvazione dell’ordine del giorno Perassi, circa la necessità di predisporre “dispositivi idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’azione di governo e ad evitare degenerazioni del parlamentarismo”. Tuttavia, l’Assemblea non riuscì ad adottare alcun meccanismo di razionalizzazione e si pervenne soltanto ad individuare i contorni fondamentali della struttura e dei rapporti che la compagine governativa avrebbe dovuto intrattenere con quella parlamentare. Oggi quelle condizioni storiche sono lontanissime e i tempi sembrano maturi per ripensare un Testo costituzionale che consenta la semplificazione dell’iter legislativo, eliminando il vetusto sistema di bicameralismo paritario e attribuendo soltanto alla Camera dei Deputati il potere di conferire e revocare la fiducia al Governo. Ed è ben vero che la riforma costituzionale disegna un bicameralismo “asimmetrico”. L’intento è di creare una seconda Camera rappresentativa dei territori e non collegata al Governo dal rapporto fiduciario... (segue)
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