
Questa sembra l’idea sottesa alla scelta del legislatore italiano in sede di recepimento delle tre nuove direttive europee sugli appalti e concessioni pubblici. Esisteva già un “codice”, che, a suo tempo, nel 2006, aveva segnato un traguardo: l’Italia, emulando la Francia, aveva fatto confluire tutta la normativa del settore in un unico testo. L’impostazione – figlia della legge Merloni del 1994, a sua volta nata sulla scia di “tangentopoli” - era quella di un azzeramento formale della discrezionalità delle stazioni appaltanti. Salvo poi a intervenire reiteratamente con decreti legge per introdurre regimi “alleggeriti”. Il codice non aveva ancora festeggiato il decimo compleanno: ma era in cattiva salute, cresciuto troppo e male, rattoppato oltre 50 volte. Si è scelto di farne uno nuovo, secondo canoni di “semplificazione e trasparenza”. Il Parlamento, con oltre 70 principi di delega (rispetto ai quattro scarni della delega n. 62/2005), ha impartito i criteri per un vestito tagliato “su misura”, della realtà italiana... (segue)
ITALIA - DOTTRINA
La discrezionalità del potere nella lotta al cambiamento climatico
Maralice Cunha Verciano (29/11/2023)
ITALIA - DOTTRINA
Crisi dello Stato democratico rappresentativo, partecipazione politica elettronica e consapevolezza della società civile
Laura Fabiano (29/11/2023)
ITALIA - DOTTRINA
Il pluralismo nazionale preso (democraticamente) sul serio
Gennaro Ferraiuolo (29/11/2023)
ITALIA - DOTTRINA
Welfare State e crisi
Damiano Fuschi (29/11/2023)
ITALIA - DOTTRINA
I Signori del Tech e la sfida sulle regole: il caso Amazon
Mario Midiri (29/11/2023)
ITALIA - DOTTRINA
L’attualità del principio di sussidiarietà
Giovanni Mulazzani (29/11/2023)
ITALIA - DOTTRINA
Il modello consultativo cinese
Laura Alessandra Nocera (29/11/2023)
Giurisprudenza - Italia - Consiglio di Stato -
Consiglio di Stato, Sentenza n. 1354/2023, Sull’ammissibilità nel processo amministrativo delle fonti confidenziali
(22/11/2023)