
La Corte si pronuncia sul rinvio pregiudiziale presentato dal Tribunale ordinario di Campobasso ed afferma che l’art. 6 TUE e l’art 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione devono essere interpretati nel senso che l’adesione di uno Stato alla UE non impedisce ad un altro Stato membro di infliggere una sanzione penale a quanti abbiano commesso il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di cittadini del primo Stato quando i fatti siano avvenuti prima che quest’ultimo aderisse all’Unione (come nel caso di specie). Affermare in contrario significherebbe, infatti, incoraggiare detto traffico non appena uno Stato avvii il processo di adesione alla UE poiché i trafficanti avrebbero la garanzia di beneficiare successivamente dell’immunità. Né, d’altra parte, vale il principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole al reo sia perché la legislazione italiana in materia non è cambiata sia perché quest’ultima (decreto legislativo 286/1998) non ha per oggetto i cittadini di Paesi terzi che entrino illegalmente sul territorio bensì le persone che, per loro interessi, favoriscano detto ingresso illegale. Di conseguenza, il fatto che le prime acquisiscano la cittadinanza della UE dopo essere entrate illegalmente sul territorio italiano non è idonea a influenzare i procedimenti penali condotti contro quanti hanno favorito l’immigrazione clandestina.
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