
La Corte dichiara che in base alla direttiva 95/46 nella nozione di “dati personali” rientra anche un indirizzo IP dinamico (ossia quello provvisorio che viene assegnato ad ogni connessione ad internet e cambia alle eventuali connessioni successive) qualora il fornitore di servizi media on line, che registra detto indirizzo IP al momento dell’accesso di un individuo e lo rende accessibile al pubblico, disponga di mezzi che possono essere ragionevolmente utilizzati per identificare, anche con l’aiuto di altri soggetti (ad esempio, l’autorità competente e il fornitore di accesso a internet), la persona interessata. Inoltre, la Corte ritiene incompatibile con la suddetta direttiva una normativa nazionale che ammetta che un fornitore di servizi media on line possa raccogliere e impiegare i dati personali di un utente, senza il suo consenso, solo se tale raccolta e impiego siano necessari per consentire e fatturare la fruizione di detti servizi da parte degli utenti e non nel caso in cui essi siano necessari per consentire al responsabile del trattamento di perseguire il suo interesse legittimo (in questo caso legato al funzionamento generale dei servizi in questione).
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