
In Francia, come in altri sistemi giuridici, il diritto positivo permette un’estensione del potere normativo dell’Esecutivo durante periodi di “crisi”. Intuitivamente, pensiamo agli attacchi terroristici e alle situazioni di guerra ma, in realtà, ci sono diversi altri motivi come determinate circostanze economiche e sociali, eventi naturali eccezionali, scontri violenti di natura civile, che possono anche giustificare quest’allargamento delle competenze. In questi casi, il quadro legale è più permissivo e l’autorità che detiene il potere regolamentare può adottare e attuare misure più restrittive dei diritti e delle libertà individuali che non sarebbero mai considerate ”legali” in tempi normali. Queste ipotesi sono generalmente disciplinate dai provvedimenti costituzionali e/o legislative. In Italia, per esempio, gli articoli 13, 77 e 78 della Costituzione e la legge n. 225 del 24 febbraio 1992 sull’Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile prevedono, in base alle situazioni di crisi, diversi regimi giuridici derogatori al diritto comune. Nel caso francese ci sono tre provvedimenti in vigore: gli articoli 16 e 36 della Costituzione del 4 ottobre 1958 sui poteri eccezionali e lo stato d’assedio; la legge del 3 Aprile 1955 relativa allo stato di emergenza. Tuttavia non si deve dimenticare un quarto caso che trova la sua fonte direttamente nella giurisprudenza del Conseil d’État e che la dottrina francese ha qualificato sotto il nome di “teoria delle circostanze eccezionali” (théorie des circonstances exceptionnelles)... (segue)
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