
Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la recente sentenza n. 809 del 07.02.2018, è intervenuto a seguito dell’iniziativa promossa dai genitori di uno studente disabile che hanno rivendicato il diritto del proprio figlio, affetto da tetraparesi spastica con grave invalidità al 100%, a poter usufruire del trasporto gratuito dal comune di residenza alla sede scolastica. La vicenda prende avvio allorché l’istituto scolastico frequentato dal ragazzo, in ragione della situazione in cui lo studente versa, inoltra alla Provincia di Caserta la richiesta di attivazione del servizio di trasporto scolastico per l’anno scolastico in corso di svolgimento (2015/16). Successivamente, con riferimento anche al successivo anno scolastico (2016/17), analoga istanza viene reiterata, oltre che alla stessa Provincia, anche nei confronti della Regione Campania e del Comune di Mignone Ponte Lungo, luogo di residenza del minore. A seguito delle menzionate richieste, tuttavia, Regione e Comune non predispongono alcun intervento. La prima, addirittura, omettendo ogni tipo di riscontro; il secondo, rispondendo di non essere competente in materia. La Provincia, invece, dopo aver attivato il servizio solamente per il periodo compreso tra il 15 ottobre ed il 15 dicembre 2015, rappresenta l’impossibilità di continuare ad erogare tale prestazione anche per la restante parte di anno scolastico, adducendo, oltre alle ristrettezze finanziarie dell’ente, anche la propria carenza di legittimazione passiva derivante dal fatto che a far data dal gennaio 2016, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 56/2014, le funzioni relative alla materia di assistenza sono passate nella competenza della Regione. I genitori del ragazzo si rivolgono quindi al Tribunale amministrativo regionale, lamentando plurime violazioni di legge e chiedendo che sia ordinato agli enti resistenti di attivare il servizio di trasporto gratuito disabili affinché il figlio possa raggiungere la sede scolastica. Il TAR adito, riconoscendo la propria giurisdizione in materia, qualifica però la pretesa azionata come interesse legittimo e non come diritto soggettivo, ritenendo conseguentemente inammissibile la richiesta di condanna delle amministrazioni resistenti ad un facere specifico ed immediato, non configurabile in assenza di una posizione giuridica di diritto soggettivo. La sentenza del giudice di primo grado viene quindi impugnata innanzi al Consiglio di Stato sostenendo l’erroneità della decisione nella parte in cui ha escluso l’esistenza di un obbligo di provvedere in capo alle pubbliche amministrazioni... (segue)
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