
Le vicende che, muovendo dall’aspirazione all’indipendenza o al godimento di maggiori forme di autonomia in alcune parti del territorio nazionale, portano alla secessione o a tentativi di secessione di Stati già unitari ovvero all’attivazione di procedure volte a ridisegnare il riparto di competenze fra centro e periferia, vedono spesso l’intervento dei giudici costituzionali (o, in loro assenza, dei vertici della magistratura ordinaria), cioè di quegli organi che sono istituzionalmente preposti a tutelare la legittimità costituzionale nell’ordinamento e, quindi, tendenzialmente anche a preservarne l’integrità territoriale. Chiamati a pronunciarsi su specifiche istanze ovvero sulla legittimità costituzionale di atti adottati, a vario titolo, dalle regioni in cerca di indipendenza o di maggiore autonomia, tali giudici si sono trovati a scrivere importanti pagine di diritto costituzionale non solo in relazione ai singoli aspetti sottoposti alla loro attenzione, ma anche su concetti fondamentali come federalismo, unitarietà e sovranità dello Stato, autonomia territoriale, diritto all’autodeterminazione, quasi sempre in assenza di specifiche disposizioni costituzionali cui fare riferimento o a loro integrazione. Tranne il caso di alcune Carte dell’Europa socialista, infatti, in cui ai popoli era riconosciuto il “diritto all’autodeterminazione, compreso il diritto alla separazione”, la clausola secessionista non viene solitamente menzionata nelle Costituzioni, in quanto suscettibile di introdurre una “condizione di potenziale dissoluzione dell’integrità territoriale dello Stato, destinata a contraddirne l’essenza stessa”, che implica la sua unità politica. Anche quando presente, la clausola non è sempre risultata sufficiente ad assicurare una conduzione lineare del processo disgregativo. Se le sue previsioni sono state infatti sostanzialmente rispettate nel 2006, in occasione del distacco del Montenegro dalla Serbia, in alcuni casi, soprattutto nell’Europa centro-orientale dopo la caduta del muro di Berlino, le dinamiche secessioniste si sono sviluppate al di là delle forme previste dalla Costituzione, talvolta senza conseguenze di particolare gravità, come nel caso della scissione della Federazione cecoslovacca, talaltra degenerando invece in dolorosi conflitti armati, com’è avvenuto nella ex Jugoslavia. Alla luce degli interventi effettuati, in Italia e in taluni altri ordinamenti, dai giudici costituzionali o supremi ci si soffermerà quindi sul ruolo da questi assunto nelle dinamiche separatiste, con l’obiettivo di verificare anche se ed eventualmente quanto tale apporto abbia trasceso la sfera giurisdizionale per invadere, com’è stato talvolta rimproverato ma com’è forse inevitabile, quella più propriamente politica… (segue)
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