L’introduzione dei vincoli di bilancio, a partire dal Trattato di Maastricht nel 1993, passando attraverso il Patto di Stabilità e Crescita, fino al Trattato sul c.d. “Fiscal compact”, ha determinato trasformazioni radicali nel governo della finanza pubblica, non soltanto in seno ai rapporti tra Stato e Unione europea, ma anche tra Stato ed autonomie territoriali. In particolare, le regole del Patto di Stabilità Interno e, successivamente, la riforma costituzionale del 2012 hanno imposto a tutte le amministrazioni di concorrere all’equilibrio di bilancio attraverso la riduzione progressiva del deficit, l’efficienza delle politiche fiscali, la razionalizzazione della spesa. Tra i fattori che hanno contributo ad accelerare tali trasformazioni, un ruolo di primo piano spetta senza dubbio alla crisi economico-finanziaria che ha aggravato i disequilibri già strutturali delle finanze pubbliche regionali e locali. In tale direzione, i decreti sulla c.d. spending review hanno rappresentato uno strumento di forte impatto sul controllo della spesa pubblica nei confronti di tutti gli enti territoriali. Avviato sperimentalmente con la legge finanziaria del 2007, il processo di revisione della spesa pubblica ha assunto caratteri strutturali con le leggi finanziarie successive e si è rafforzato con ulteriori provvedimenti, tra i più importanti certamente la legge n. 196 del 2009 sulla contabilità e la finanza pubblica, che ha previsto l’istituzionalizzazione del processo di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali e la sua graduale estensione alle altre amministrazioni periferiche, specie attraverso il decreto legislativo attuativo n. 123 del 30 giugno 2011. Ancora più significativi sono stati poi il c.d. decreto “Salva-Italia” (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), il decreto-legge n. 52 del 2012 (Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica) e il decreto-legge n. 95 del 2012 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica). Tali provvedimenti hanno introdotto nel nostro ordinamento una serie di norme volte a ridurre e razionalizzare la spesa pubblica, specie per i consumi intermedi, il pubblico impiego e le locazioni passive, prevedendo altresì la soppressione di enti, il contenimento della spesa nel settore sanitario e farmaceutico e, per quel che più riguarda gli enti territoriali, specifici obblighi di riduzione delle spese per enti, agenzie e altri organismi. Inoltre, è stato reso più stringente il ricorso per le pubbliche amministrazioni a procedure di acquisto centralizzato di beni e servizi. Gran parte dei vincoli statali ai bilanci regionali e locali sono stati introdotti attraverso l’esercizio della competenza concorrente in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 117, comma 3 della Costituzione.Come infatti chiaramente affermato dalla Corte costituzionale: «non è contestabile il potere del legislatore statale di imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti». Lo stesso Patto di stabilità interno ha rappresentato uno degli strumenti principali attraverso cui lo Stato, di fatto, ha fissato principi e regole in materia «coordinamento della finanza pubblica». Il Patto di stabilità interno può essere considerato come declinazione periferica dei vincoli europei; la materia, dunque, investe certamente gli aspetti tributari relativi alle entrate ma anche, e soprattutto, i saldi di bilancio e i limiti quantitativi sulle spese… (segue)
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