
Il diritto alla libertà di espressione del ricorrente, editore di una rivista settimanale, è violato a causa della pesante condanna per diffamazione inflittagli per la pubblicazione di un articolo in cui si criticava l’operato di un giudice, il quale aveva disposto una perquisizione presso la sede del periodico a seguito della denuncia di un altro magistrato, sua collega, nel quadro di un’inchiesta giornalistica che riguardava entrambi i soggetti e le loro frequentazioni. La Corte rileva l’insussistenza di ragioni che giustifichino l’irrogazione di una pena sproporzionata ad un atto di esercizio della libertà di stampa posto in essere, seppure con toni caustici, al legittimo scopo di informare il pubblico sui comportamenti di un giudice possibilmente rilevanti sul piano della deontologia e dei conflitti di interesse.
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