
L’ordinanza n. 17 del 2019, con cui la Corte costituzionale giudica inammissibile, in sede di valutazione preliminare e sommaria di ammissibilità, in camera di consiglio, il conflitto di attribuzione sollevato da 37 senatori del gruppo PD, delinea una soluzione tempestiva e dichiaratamente compromissoria (come emergeva chiaramente già dal comunicato stampa diffuso il 10 gennaio 2019), che chiude le porte al conflitto relativo all’iter della legge di bilancio, ma al contempo apre, in prospettiva, a una maggiore attenzione nei confronti di conflitti che lamentino la violazione dei principi costituzionali sul procedimento legislativo. Nell’argomentazione, la Corte ha il merito di non limitarsi – come pure avrebbe potuto fare, ove avesse optato per un approccio per così dire conservativo – a giudicare inammissibile il conflitto, magari per mancanza del requisito soggettivo. Al contrario, il ricorso supera il vaglio di ammissibilità quanto al profilo soggettivo, posto che ai singoli parlamentari viene per la prima volta espressamente riconosciuta la qualifica di “potere dello Stato”, abilitato a sollevare conflitti di attribuzione, ma non quanto al profilo oggettivo: la Corte ritiene che l’ammissibilità vada riconosciuta solo ai ricorsi che lamentino (e comprovino) “una sostanziale negazione o un’evidente menomazione” delle prerogative costituzionali dei parlamentari e, nel caso di specie, non riscontra negazioni o menomazioni così manifeste. Ciò consente alla Corte di delineare una serie di elementi che, d’ora in poi, dovrebbero rendere più agevole il rientro del procedimento legislativo all’interno dei binari fissati dalle disposizioni costituzionali: anzitutto, auspicabilmente, in nome di un’azione che dovrebbe svolgersi nell’ambito della sfera di autonomia parlamentare, grazie all’iniziativa delle stesse Camere, in raccordo con il Governo; ma altresì con la prospettiva – in qualche misura, la minaccia – di un sindacato più attento da parte della Corte costituzionale, ove questo si renda necessario per colpire le prassi più manifestamente devianti dalle regole costituzionali e che finiscano per menomare i diritti attribuiti dalla Costituzione ai singoli parlamentari… (segue)
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