
La sentenza della Corte cost. n. 269 del 2017, nonostante alcuni interventi chiarificatori successivi, desta tuttora particolare dibattito a proposito della “precisazione” circa gli effetti della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE) e l'opportunità dell'intervento della Corte costituzionale “al fine di assicurare che i diritti garantiti dalla citata Carta dei diritti siano interpretati in armonia con le tradizioni costituzionali, pure richiamate dall’art. 6 del Trattato sull’Unione europea e dall’art. 52, comma 4, della CDFUE come fonti rilevanti in tale ambito”. La questione ivi sollevata, come noto, trova spunto nella situazione in cui la tutela del diritto fondamentale trova sede nella CDFUE e nella Carta costituzionale nazionale (c.d. doppia pregiudizialità).La Corte costituzionale “giudicherà alla luce dei parametri interni ed eventualmente di quelli europei (ex art. 11 e 117 Cost.), secondo l’ordine di volta in volta appropriato, anche al fine di assicurare che i diritti garantiti dalla citata Carta dei diritti siano interpretati in armonia con le tradizioni costituzionali”. Ritiene, pertanto, che “laddove una legge sia oggetto di dubbi di illegittimità tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione italiana, quanto in relazione a quelli garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in ambito di rilevanza comunitaria, debba essere sollevata la questione di legittimità costituzionale", precisando che è "fatto salvo il ricorso, al rinvio pregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidità del diritto dell’Unione, ai sensi dell’art. 267 del TFUE”. L’odierno incontro affronta in maniera composita l’argomento, valutando da un lato le conseguenze generate a livello giurisprudenziale dall’intervento della sentenza n. 269, dall’altro prendendo in considerazione alcune pronunzie della Corte di Giustizia dell’Unione europea (CGUE), sicuramente rilevanti, ma apparentemente confinate nella tematica delle conseguenze di carattere retributivo previste per il lavoratore subordinato che abbia concluso il rapporto di lavoro senza avere goduto delle ferie annuali previste dalle disposizioni di legge o di contratto collettivo. Per avviare correttamente il dibattito, innanzitutto debbono essere riassunte le posizioni prese dalla Corte di cassazione successivamente all’intervento della Corte costituzionale, riconducibili a due ordinanze rispettivamente della Seconda Sezione civile (ord. 16 febbraio 2018 n. 3831) e della Sezione Lavoro (ord. 10 gennaio 2019 n. 451)… (segue)
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