
Nel contesto italiano, il fenomeno della devoluzione asimmetrica è normalmente analizzato dalla prospettiva delle regioni interessate o (più frequentemente) da quella dell’unità nazionale. Data la (intrinseca) politicità del tema e soprattutto la sua (esecrabile) politicizzazione, anche il dibattito accademico tende spesso ad assumere toni fortemente ideologici, con assoluta preponderanza delle posizioni critiche, che non di rado assumono toni allarmistici nei confronti del fenomeno. In realtà, nonostante la disposizione costituzionale che consente la differenziazione competenziale tra regioni ordinarie risalga al 2001, solo in tempi molto recenti il processo per la sua attuazione è stato messo in moto in tre regioni (Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna) con reali possibilità di giungere a compimento. E poiché la disposizione di cui all’art. 116 c. 3 delinea il processo di attribuzione di “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” solo nelle sue linee essenziali, molto di questo processo risulta ancora da definire, così come la sua valutazione complessiva. Il presente studio si sofferma sul ruolo dello Stato in tale processo. Un tema inesplorato nel suo complesso, pur in presenza di valide analisi in relazione al ruolo di singole istituzioni dello Stato, a partire, principalmente, dal Parlamento. Ci si soffermerà pertanto sulle funzioni che i diversi attori dello Stato-istituzione possono o devono svolgere nel procedimento di differenziazione ex art. 116 c. 3 cost., cercando di ricavare una visione di insieme nel quadro che emerge dal dato costituzionale, dalla prassi e dall’interpretazione. Poiché il percorso della differenziazione regionale è in buona parte ancora da scrivere, i suoi contenuti concreti e pertanto la compatibilità costituzionale dei processi in itinere, dipenderanno da alcune opzioni di natura sistemica che saranno scelte nell’attuazione dell’art. 116 c. 3 cost. Due sono in particolare le questioni di fondo dalla cui interpretazione e attuazione deriveranno il ruolo da attribuire a ciascuna istituzione statale (e regionale) e l’inquadramento da dare al fine di valutarne la compatibilità o meno con il quadro costituzionale esistente. La prima riguarda la natura dell’autonomia differenziata, la seconda il grado di analogia tra il fenomeno in questione e la specialità regionale… (segue)
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