Dalla fine della Seconda guerra mondiale, il modello consociativo è stato adottato in molti ordinamenti europei, tra i quali Belgio, Paesi Bassi, Svizzera (che combina elementi consociativi e federali), Cipro, Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina, Irlanda del Nord, e Alto Adige. Tale modello ha trovato applicazione anche al di là dei confini dell’Europa, in Libano, Sudafrica (dal 1993 al 1996) e Iraq. Tutti questi esempi hanno qualcosa in comune: sono ordinamenti che hanno adottato soluzioni consociative o in seguito a (o per evitare) conflitti interni, di natura linguistica, etnica, o religiosa. Il modello consociativo (o power sharing) è stato spesso suggerito come best practice da organizzazioni internazionali, sia intergovernative che non-governative, e nel 2000 anche la Commissione di Venezia ha incluso il power sharing tra le linee guida per facilitare la risoluzione di conflitti etnici. Questo articolo si pone l’obiettivo di analizzare l’applicazione concreta del power sharing in tre ordinamenti particolari, ossia Bosnia-Erzegovina, Irlanda del Nord e Macedonia del Nord. La scelta di questi casi è motivata dal fatto che i meccanismi di power sharing sono stati introdotti da storici trattati di pace, ponendo fine a conflitti civili e violenze che hanno segnato il punto più acuto della frammentazione sociale. Gli accordi di Dayton furono firmati nel 1995, a conclusione del conflitto civile che consumava la Bosnia-Erzegovina dal 1992, nel quadro più ampio della dissoluzione dell’ex-Jugoslavia. Oltre a introdurre il modello consociativo, essi andarono a ridefinire l’intero assetto politico-istituzionale dello Stato e l’equilibrio tra le tre componenti etniche che erano state in guerra fino a quel momento. Pochi anni dopo Dayton, nel 1998 furono faticosamente conclusi gli accordi di Belfast (anche chiamati “accordi del Venerdì Santo”), ponendo così fine ai cosiddetti “Troubles”, il conflitto trentennale in Irlanda del Nord tra la comunità unionista (protestante, di origine britannica) e quella nazionalista (cattolica, di origine irlandese). I due gruppi sostenevano visioni opposte dello status costituzionale della piccola nazione britannica, come parte integrante del Regno Unito (secondo gli unionisti) o come parte di un’Irlanda unita (secondo i nazionalisti). Infine, gli accordi di Ohrid, nel 2001, posero fine al conflitto in Macedonia del Nord tra la maggioranza macedone e la minoranza albanese, dopo un breve ma intenso periodo di guerra civile all’interno dell’ex-repubblica federale jugoslava. I tre ordinamenti in esame, oltre a essere stati caratterizzati da trattati di pace che, nell’arco di sei anni, hanno introdotto accordi di power sharing, sono accumunati anche da un altro aspetto fondamentale, ossia l’essere tutte e tre società frammentate. Secondo la definizione di Choudhry, una società frammentata (divided society) è una società divisa lungo linee etniche, linguistiche, culturali, o religiose, in cui tali differenze diventano tratti essenziali delle identità politiche e fonte di mobilitazione da parte delle diverse comunità. Tali società pongono sfide cruciali, dal punto di vista sociale, politico e costituzionale, e il modello consociativo è uno degli strumenti utilizzati per rispondere a queste sfide. Pertanto, partendo dal concetto di società frammentata, saranno brevemente presi in considerazione due dibattiti cruciali tra teorici della politica: da un lato quello tra Lijphart e Horowitz, e dall’altro quello più ampio tra gli “accommodationists” (come Lijphart e Horowitz) e gli “integrationists”, in cui si riconoscono McGarry, O’Leary e Simeon. Una volta delineato il quadro teorico, si passerà all’analisi delle caratteristiche del modello consociativo in contrapposizione a quello della democrazia maggioritaria, così come proposto da Lijphart, e si prenderanno in considerazione le principali critiche mosse contro il power sharing. Successivamente, si proseguirà con un’analisi comparata dell’applicazione concreta del modello consociativo nei tre ordinamenti oggetto dell’indagine, mettendone in risalto le similitudini e le fondamentali differenze. Si potranno così evidenziare efficacemente le contraddizioni insite nelle democrazie consociative, specialmente in riferimento alla sua compatibilità con un regime pacifico e pienamente democratico. L’ultima parte dell’articolo si concentrerà, invece, sul rapporto tra i meccanismi di power sharing e la tutela dei diritti umani, uno dei punti più sensibili e contestati del modello consociativo, attraverso l’analisi del ruolo del diritto transnazionale e della giurisprudenza della Corte Europea. Nelle conclusioni, si volgerà lo sguardo al contesto attuale, valutando gli effetti che i meccanismi di power sharing hanno avuto sulla vita politica e democratica dei tre ordinamenti. In particolare, ci si soffermerà sulle sfide poste in particolare dall’Unione Europea, dal momento che l’Irlanda del Nord, in quanto parte del Regno Unito, si appresta a recedere all’Unione, mentre Bosnia-Erzegovina e Macedonia del Nord intendono aderire e hanno dunque intrapreso un percorso di progressiva integrazione degli standard europei… (segue)
Il federalismo bosniaco alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale: verso la disintegrazione dell’ordinamento?
Lidia Bonifati (29/11/2023)
Recensione a Matteo Monti. Federalismo Disintegrativo? Secessione e Asimmetria in Italia e Spagna (Giappichelli, 2021)
Lidia Bonifati (18/10/2023)