Le consultazioni regionali del 2020 si sono tenute in un contesto del tutto nuovo rispetto al passato. Ciò è accaduto non solamente per la ormai reiterata frammentazione del voto regionale che invece riguardava gran parte delle Regioni ordinarie nella medesima tornata; si tratta infatti di una eventualità che ha iniziato a verificarsi a partire dai primi scioglimenti anticipati della seconda metà degli anni 10 del secolo con le elezioni anticipate in Molise, in Abruzzo e Lazio. I punti di novità sono invece da rinvenire nello spostamento delle elezioni dalla scadenza naturale (prevista a metà dell’anno) degli organi al mese di settembre in ragione della emergenza sanitaria e nella compresenza, nel medesimo turno elettorale, del voto non solo per alcuni Comuni ma anche per il referendum costituzionale ex art. 138 della Costituzione. Il primo fattore di innovazione è il risultato dell’intervento normativo del Governo attraverso il decreto-legge n. 26 del 2020 convertito nella legge n. dello stesso anno. Secondo l’art. 1, comma 1, lettera d) infatti “d) in deroga a quanto previsto dall’art. 5, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165, gli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario il cui rinnovo è previsto entro il 2 agosto 2020 durano in carica cinque anni e tre mesi; le relative elezioni si svolgono esclusivamente tra il quindicesimo e il sessantesimo giorno successivo al termine della nuova scadenza del mandato o nella domenica e nel lunedì successivo compresi nei sei giorni ulteriori”. Si tratta di una disciplina in deroga relativamente alla durata del mandato degli organi delle Regioni ordinarie il cui “rinnovo è previsto” il 2 agosto 2020. Sulla base dell’art. 122 della Costituzione, il legislatore statale ha individuato – per questi casi – una durata differente rispetto a quella già fissata dalla legge n. 165 del 2004 (cinque anni), portandola a cinque anni e tre mesi in modo da posticipare all’autunno le elezioni per il rinnovo degli stessi. Detta decisione ha permesso, attraverso l’istituto della proroga della durata del mandato in corso, la pienezza dei poteri degli organi regionali per il periodo ancora potenzialmente caratterizzato da un contesto di emergenza. Senza detto intervento normativo, si sarebbero dovute tenere elezioni a suffragio universale e diretto in un contesto potenzialmente ancora caratterizzato da emergenza sanitaria e, peraltro, gli organi regionali - per una parte del prossimo periodo temporale subito precedente al momento del voto - avrebbero operato in regime di prorogatio dei poteri. Come ha ricordato la Corte costituzionale, infatti, si pone anche per gli organi regionali il tema della portata dei poteri di cui sono titolari nel periodo subito precedente al proprio rinnovo: spetta allo Statuto regionale disciplinare l’istituto della prorogatio (sent. n. 68 del 2010) e nel periodo in questione i poteri degli organi risultano necessariamente affievoliti (sent. n. 243 del 2016)… (segue)
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