
Molti sono i punti di grande interesse della ormai famosa (ma ancora non sufficientemente conosciuta a livello dell’opinione pubblica generale, al di fuori degli addetti ai lavori) sentenza n. 37 del 2021 della Corte costituzionale su di una legge antipandemia della Regione Val d’Aosta. Il primo profilo è stato è già molto commentato in dottrina (da ultimo, su questa rivista, Dickman, Vuolo, Rubechi): si è trattato del primo caso di sospensione di legge regionale; in dottrina, in precedenti interventi, si era parlato di inerzia, di torpore, quasi di un potere ormai caduto in disuso. Erronea valutazione: la sospensione di una legge, regionale o statale, è potere delicato, ricompreso nel generale potere di annullamento previsto dal Titolo VI della Costituzione, che non può che essere usato con prudenza. Ma non averlo usato non significava averlo abbandonato. Sotto un secondo profilo, come ha recentemente notato Rubechi, nel giro di pochi mesi sono stati utilizzati due incisivi poteri disciplinati dalla legge La Loggia: potere sostitutivo e sospensione della legge; la Corte, confermando la possibilità di una interpretazione finalisticamente restrittiva delle competenze regionali (schema da sempre utilizzato dalla Corte italiana, che non si è mai adagiata sulle teorie originaliste o sull’austriaco criterio della “pietrificazione”: da ultimo Cravita-Fabrizzi-Sterpa), si è collocata in questa linea di tendenza. Come proverò a sottolineare in qualche breve considerazione conclusiva, ciò non vuol dire che non siano in prospettiva necessari anche interventi di riforma costituzionale, ma il profilo che va evidenziato è che gli strumenti istituzionali già esistono nell’ordinamento, pur nella criticata e criticabile riforma del 2001. In verità, la debolezza istituzionale dimostrata drammaticamente nel periodo della pandemia è stata tutta ed esclusivamente politica, provocata dalla presenza di un governo (il Conte II) con una base parlamentare fragile e incerta sul suo futuro, priva di un collante che non fosse quello della sopravvivenza, che si è trovato contrapposto a regioni controllate dal principale partito di opposizione e dal secondo partito della coalizione di governo. Nel confronto politico il governo centrale non poteva reggere e ha continuamente sbandato, pur avendo a disposizione strumenti anche importanti. La soluzione individuata dalla Corte nella citata sentenza è invero drastica: la legge regionale valdostana è illegittima perché viola la competenza statale in tema di “profilassi internazionale” (art. 117, comma 2, lett. q), materia che, secondo la Consulta, raccogliendo suggestioni lanciate fra gli altri da Sabino Cassese, “è comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla”. In queste situazioni deve prevalere una esigenza di disciplina unitaria, che sia idonea a preservare l’eguaglianza delle persone nell’esercizio del fondamentale diritto alla salute e a tutelare contemporaneamente l’interesse della collettività… (segue)
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