
La Corte ritiene non contrastante con l’art. 10 CEDU la condanna inflitta al ricorrente, ai sensi degli artt. 23 e 24 della legge del 1881 sulla libertà di stampa, per avere fatto indossare nel 2012 al nipote di tre anni, mentre si trovava all’asilo, una maglietta recante alcune scritte che riproducevano il suo nome di battesimo (Jihad), il giorno del suo compleanno (11 settembre) e l’affermazione di essere (“una bomba”). Il carattere equivoco delle espressioni leggibili sulla maglietta, malgrado il loro senso colloquiale e l’asserito intento umoristico, e la loro estraneità rispetto ad un pubblico dibattito sui fatti dell’11 settembre 2001 fanno sì che la condanna riportata dal ricorrente (e dalla madre del bambino) per apologia di gravi crimini sia giustificata nell’ambito del margine di apprezzamento riservato all’autorità nazionale.
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