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FOCUS - Territorio e istituzioni N. 7 - 07/03/2025

 Corte dei Conti contro Regione Campania. Ricorso per legittimità costituzionale 3 marzo 2025, n. 53

CORTE DEI CONTI CONTRO REGIONE CAMPANIA

Ricorso per legittimità costituzionale 3 marzo 2025, n. 53,

in GU 1a Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 14 del 2-4-2025

E’ stato presentato un ricorso per questione di legittimità costituzionale dalla Sezione regionale di controllo della Campania della Corte dei conti, in riferimento alla legge della Regione Campania 29 luglio 1998, n. 10 (Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania), art. 22, commi 1, lettera a) e secondo comma (G.U. - Serie speciale - del 2 aprile 2025) per le spese destinate al finanziamento dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente a valere sulle risorse del fondo sanitario regionale, in riferimento alle disposizioni di cui agli articoli 117, secondo comma, lett. e) , 117, secondo comma, lett. m), 32 e 3, secondo comma, 117 terzo comma, 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, della Costituzione. Ciò è avvenuto nell’ambito del giudizio di parificazione del rendiconto 2023, il cui iter è stato conseguentemente sospeso in riferimento al capitolo di bilancio interessato.

Il ricorso risulta lungo ed articolato e sembra cogliere, per gli aspetti finanziari, il punto di fondo da sciogliere, anche se esprime valutazioni al riguardo che non sembrano supportate da una incontestabile analisi normativa. La questione di fondo è infatti - attesa la preponderanza della copertura degli oneri di cui alle funzioni svolte da questa A.R.P.A.C. a carico del fondo sanitario – se dette funzioni siano o meno sostitutive di altre ed analoghe funzioni già svolte dall’operatore pubblico in vista dell’attuazione della quota di LEA afferente alla materia ambientale (cd. LEPTA). Di tale nocciolo duro del ricorso si occupa soprattutto il punto 4 del Considerato in diritto, all’interno del quale l’affermazione-chiave sembra essere quella di cui al punto 4.4., in particolare, secondo cui “per le considerazioni appena esposte e tenuto conto di quanto affermato dalla Consulta, nella già richiamata sentenza n. 172/2018, secondo la quale le funzioni esercitate dalle Agenzie sono solo in minima parte «riconducibili a funzioni sanitarie stricto sensu» e che il sistema di finanziamento è da ritenersi «distinto da quello degli enti del settore sanitario», ad avviso del Collegio non è ragionevole che l’84% del fabbisogno complessivo dell’Agenzia campana ammontante ad euro 58.056.710,00 - pari allo 0,53% del FSR - sia soddisfatto attraverso il sistematico impiego delle risorse vincolate derivanti dal fondo sanitario regionale in assenza della previa individuazione puntuale delle attività svolte dalla stessa Agenzia e riconducibili ai LEA”.

In disparte il giudizio di non ragionevolezza, sempre frutto di una valutazione ed in quanto tale opinabile (dal momento, per esempio, che, al contrario, proprio l’elevatezza della percentuale potrebbe testimoniare lo svolgimento di per sé preponderante di funzioni sostitutive da parte dell’ente regionale in questione), il punto non consiste dunque nel meccanismo di finanziamento, bensì - va ribadito - nel rapporto normativo che passa tra le funzioni previste dalla legge regionale in capo all’A.R.P.A.C. e la quota di LEA interessata: se detto rapporto è sostitutivo, nel senso che l’ente svolge compiti altrimenti assolti dalla Regione, allora non dovrebbero sussistere problemi, sul piano finanziario, con una preponderante copertura sul fondo sanitario, laddove vale ovviamente il contrario, con vulnus anzitutto degli obblighi di copertura, che non può essere posta a carico del SSN.

Illuminante è anche il successivo punto 4.5, che, oltre all’“indifferenza della norma regionale in esame verso un meccanismo di correlazione immediata e diretta tra il quantum del trasferimento e il fabbisogno per le attività rientranti nei LEA”, evoca anche, “allo stesso tempo, la mancanza di un sistema di registrazione di contabilità analitica, al fine di rilevare esclusivamente i costi associati ai processi relativi alla tutela della salute stricto sensu intesa”, il che aprirebbe al rischio di un uso promiscuo di risorse antologicamente funzionali alle prestazioni essenziali di assistenza, per finanziare anche attività che non vi rientrano, in contrasto con l’art. 20 del decreto legislativo n. 118/2011 e successive modificazioni ed integrazioni”. L’argomento non appare del tutto conferente. Il problema dei costi non sembra rilevante, infatti, ai fini del thema decidendum, prima inquadrato, rilevando invece il carattere sostitutivo o meno delle funzioni svolte dall’ente, come evidenziato.

a)       Riflessi sugli artt. 81 e 97, primo comma, Cost.

Meritevole di spiegazione appare peraltro anche il successivo punto 5.4, sempre del Considerato in diritto, a tenore del quale “il Collegio ritiene integrata altresì la violazione degli articoli 81, 97 primo comma e 119 primo comma, della Costituzione, posti a garanzia dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità della spesa, avendo la Regione destinato risorse riservate ai LEA per finalità ad essi estranee e con ciò determinato l’ampliamento della capacità di spesa ordinaria del bilancio sul quale non vengono a gravare gli oneri delle spese derivanti dalle funzioni «trasferite» all’Agenzia stessa ai sensi dell’art. 17 della legge regionale n. 10/1998. Peraltro, trattando alla stregua di spese per i LEA quelle relative alle funzioni dell’A.R.P.A.C. sottrae le stesse dalla previa e necessaria verifica di sostenibilità cui sarebbero invece sottoposte, al pari delle altre spese «ordinarie», estendendovi il regime previsto per le spese «costituzionalmente necessarie» che, destinate alla tutela di beni primari, sono invece sottratte al previo giudizio di sostenibilità perché incomprimibili (v. sentenze nn. 275 del 2016, 169 del 2017)”.

Il punto è infatti che, se si ritiene che le funzioni svolte dall’A.R.P.A.C. non siano sostitutive, bensì aggiuntive e comunque non tali da rientrare nei LEA, allora è da ritenere che, anche per questo secondo verso, il ricorso avrebbe dovuto incentrarsi in primis sulla violazione della norma costituzionale di copertura e dunque sulla tenuta degli obiettivi di finanza pubblica (rispettivamente, art. 81, terzo comma, e 97, primo comma, Cost.).

b)       Risvolti riguardanti l’art. 117, secondo (“tutela della salute”) e terzo comma (“coordinamento finanziario”), Cost.

Probabilmente il punto più “debole” dell’ordinanza di rimessione è il carente sviluppo (riportato al punto 5.5. in diritto, dell’ordinanza di rimessione) dedicato all’esposizione delle ragioni del ritenuto vulnus, ad opera della disposizione regionale, dei parametri di cui all’art. 117, commi secondo e terzo, Cost.

Mentre il secondo comma dell’art. 117 Cost. (“tutela della salute”) risulta solo richiamato, più estesa è la trattazione della ritenuta violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

In relazione a tale ultimo parametro, si fa, in sostanza, solo generico e acritico richiamo della sentenza n. 1 del 2024 della Corte costituzionale[1]. Sennonché, il problema - non irrilevante - consiste nell’omessa esplicita indicazione della norma statale interposta di coordinamento finanziario che si assume violato, essendosi limitata la Corte rimettente, ad evocare, piuttosto, un parametro di “armonizzazione contabile”, l’art. 30 del d.lgs. n. 118 del 2011, cioè, che al primo comma, terzo periodo[2], richiama sì la vera e propria norma interposta statale di coordinamento finanziario - costituita dall’art. 2, commi 80 e 81[3], della legge n. 191 del 2009, come modificato (a decorrere dal 1° gennaio 2015) dall'art. 1, comma 557, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 - ma di cui la Corte rimettente non evidenzia i presupposti di fatto e di diritto che portano a concludere circa la violazione del citata norma interposta per effetto della legge regionale. Peraltro, la lettura di quest’ultima in combinato disposto con la norma statale citata, e cioè attraverso una lettura costituzionalmente orientata, avrebbe potuto portare a concludere nel senso della non necessaria lesione del parametro evocato.

Al riguardo, in modo apodittico e del tutto implicito, se ne assume la violazione solo perché la Regione Campania è in disavanzo sanitario, quando molto articolata e “partecipata” è la disciplina procedimentale di cui al richiamato art. 2, comma 80, per assumerne le eventuali “sanzioni” a carico della Regione in disavanzo sanitario.

Ulteriore profilo da segnalare è che, a ben vedere, pur prendendo atto della mancata rappresentazione nei conti regionali della cd. contabilità analitica, la soluzione avrebbe potuto essere diversa da quella intrapresa dalla Corte dei conti rimettente, nel senso, cioè - previa una non impossibile attività istruttoria, che costituisce, com’è noto, momento essenziale e particolarmente complesso dell’attività di controllo svolta dalla Corte dei conti nella sede del procedimento che precede la parifica - di eventualmente negare la parifica in parte qua, limitandola esclusivamente alle spese che, per stessa ammissione della Sezione di controllo rimettente, sia pure in parte, sono svolte anche dall’A.R.P.A.C. (v. punto 5.1. in diritto dell’ordinanza).



[1] Forte C., Pieroni M., Armonizzazione contabile, coordinamento finanziario e principio dell’equilibrio finanziario: un trittico rovesciato (nota di commento alla sentenza n. 1 del 2024 della Corte costituzionale), in www.Federalismi.it, 2024, n. 16.

[2] “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2, comma 80, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, eventuali risparmi nella gestione del Servizio sanitario nazionale effettuati dalle regioni rimangono nella disponibilità delle regioni stesse per finalità sanitarie”.

[3] “80. Per la regione sottoposta al piano di rientro resta fermo l’obbligo del mantenimento, per l’intera durata del piano, delle maggiorazioni dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e dell’addizionale regionale all’IRPEF ove scattate automaticamente ai sensi dell’articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, come da ultimo modificato dal comma 76 del presente articolo. A decorrere dal 2013 alle regioni che presentano, in ciascuno degli anni dell'ultimo biennio di esecuzione del Piano di rientro, ovvero del programma operativo di prosecuzione dello stesso, verificato dai competenti Tavoli tecnici di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005, un disavanzo sanitario, di competenza del singolo esercizio e prima delle coperture, decrescente e inferiore al gettito derivante dalla massimizzazione delle predette aliquote, è consentita la riduzione delle predette maggiorazioni, ovvero la destinazione del relativo gettito a finalità extrasanitarie riguardanti lo svolgimento di servizi pubblici essenziali e l'attuazione delle disposizioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, in misura tale da garantire al finanziamento del Servizio sanitario regionale un gettito pari al valore medio annuo del disavanzo sanitario registrato nel medesimo biennio. Alle regioni che presentano, in ciascuno degli anni dell'ultimo triennio, un disavanzo sanitario, di competenza del singolo esercizio e prima delle coperture, inferiore, ma non decrescente, rispetto al gettito derivante dalla massimizzazione delle predette aliquote, è consentita la riduzione delle predette maggiorazioni, ovvero la destinazione del relativo gettito a finalità extrasanitarie riguardanti lo svolgimento di servizi pubblici essenziali e l'attuazione delle disposizioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, in misura tale da garantire al finanziamento del Servizio sanitario regionale un gettito pari al valore massimo annuo del disavanzo sanitario registrato nel medesimo triennio. Le predette riduzioni o destinazione a finalità extrasanitarie sono consentite previa verifica positiva dei medesimi Tavoli e in presenza di un Programma operativo 2013-2015 approvato dai citati Tavoli, ferma restando l'efficacia degli eventuali provvedimenti di riduzione delle aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF e dell'IRAP secondo le vigenti disposizioni. Resta fermo quanto previsto dal presente comma in caso di risultati quantitativamente migliori e quanto previsto dal comma 86 in caso di determinazione di un disavanzo sanitario maggiore di quello programmato e coperto. Gli interventi individuati dal piano sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro. A tale scopo, qualora, in corso di attuazione del piano o dei programmi operativi di cui al comma 88, gli ordinari organi di attuazione del piano o il commissario ad acta rinvengano ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, li trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi di contrasto con il Piano di rientro o con i programmi operativi. Il Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni, apporta le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga. Qualora il Consiglio regionale non provveda ad apportare le necessarie modifiche legislative entro i termini indicati, ovvero vi provveda in modo parziale o comunque tale da non rimuovere gli ostacoli all'attuazione del piano o dei programmi operativi, il Consiglio dei Ministri adotta, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, le necessarie misure, anche normative, per il superamento dei predetti ostacoli. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 1, comma 796, lettera b), ottavo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in merito alla possibilità, qualora sia verificato che il rispetto degli obiettivi intermedi sia stato conseguito con risultati quantitativamente migliori, di riduzione delle aliquote fiscali nell’esercizio successivo per la quota corrispondente al miglior risultato ottenuto; analoga misura di attenuazione si può applicare anche al blocco del turn over e al divieto di effettuare spese non obbligatorie in presenza delle medesime condizioni di attuazione del piano”. “81. «La verifica dell’attuazione del piano di rientro avviene con periodicità trimestrale e annuale, ferma restando la possibilità di procedere a verifiche ulteriori previste dal piano stesso o straordinarie ove ritenute necessarie da una delle parti. I provvedimenti regionali di spesa e programmazione sanitaria, e comunque tutti i provvedimenti aventi impatto sul servizio sanitario regionale indicati nel piano in apposito paragrafo dello stesso, sono trasmessi alla piattaforma informatica del Ministero della salute, a cui possono accedere tutti i componenti degli organismi di cui all’art. 3 della citata intesa Stato-regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012. Il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, nell’ambito dell’attività di affiancamento di propria competenza nei confronti delle regioni sottoposte al piano di rientro dai disavanzi, esprime un parere preventivo esclusivamente sui provvedimenti indicati nel piano di rientro»”.

 



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