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FOCUS - Territorio e istituzioni N. 7 - 07/03/2025

 Corte Costituzionale, Sentenza n. 57/2025, Non sono in via di principio inibite nuove spese alla Regione in disavanzo sanitario

La sentenza n. 57 del 2025 della Corte costituzionale: non sono in via di principio inibite nuove spese alla Regione in disavanzo sanitario.

(In G.U. Serie Speciale - Corte Costituzionale n. 17 del 23 aprile 2025)

1. Con la sentenza n. 57 del 2025, la Corte costituzionale, per i profili che in questa sede interessano, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale della legge reg. Puglia n. 21 del 2024 (artt. 1, 3 e 4, comma 2), promosse, in riferimento agli artt. 97, primo comma, e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, segnatamente, nella parte, la disciplina regionale oggetto di censura, prevedendo il ritorno alla gestione interamente pubblica del centro di riabilitazione di Ceglie Messapica, nell’ambito della rete ospedaliera della Regione Puglia (già codificato quale struttura pubblica), possa compromettere la piena realizzazione degli interventi programmati per il superamento del deficit sanitario.

Nel merito, secondo la Corte, non è, nella specie, ravvisabile alcuna «rilevante modifica della pregressa “programmazione sanitaria”» e neppure «un significativo incremento» dell’impegno finanziario di settore, l’una e l’altro prospettati dal ricorrente come estranei agli obiettivi del piano di rientro e, come tali, interdetti alla Regione resistente.

Con particolare riguardo alle ricadute finanziarie della legge regionale impugnata, la Corte ha chiarito che, nel caso esaminato, vengono in rilievo prestazioni tutte certamente rientranti nei livelli essenziali di assistenza e dunque di natura obbligatoria; sicché le disposizioni regionali impugnate non implicano prestazioni ulteriori e ampliative rispetto a quelle previste dallo Stato.

A tale argomento, la Corte ha aggiunto che, nel caso in questione, non emerge con evidenza alcun aumento della spesa sanitaria regionale direttamente conseguente all’internalizzazione dei servizi di riabilitazione, costituenti spesa obbligatoria, come è desumibile dalla relazione tecnica che illustra la copertura finanziaria dell’intervento normativo, ravvisandosi, all’opposto, un trend in diminuzione della spesa rispetto a quella annua programmata per l’anno 2024 per l’acquisto delle prestazioni dalla Fondazione.

Se è vero, ha ritenuto la Corte, che, con particolare riferimento al personale, la Regione Puglia, con il piano di rientro e con i successivi programmi operativi, ha assunto l’impegno di attuare azioni specifiche per garantire la riduzione della complessiva spesa per il personale a livello regionale, è anche vero che con la sentenza n. 134 del 2023, la stessa Corte costituzionale non esclude in via principio un nuovo intervento di spesa, da parte della Regione in disavanzo sanitario, laddove esso si muova entro la cornice economico-finanziaria delineata appositamente dal piano di rientro (in senso analogo, sentenza n. 197 del 2024).

2. La sentenza segue un percorso motivazionale tale da prendere le distanze da impostazioni, peraltro ricorrenti in diversi ricorsi dello Stato, che escluderebbero, in via di principio, “nuova spesa sanitaria” da parte di Regioni in disavanzo sanitario.

La sentenza, rilevata l’insussistenza in punto di fatto, del presupposto della cd. nuova spesa sanitaria tale da “scardinare” la tenuta del piano di rientro sanitario, non entra nel merito della corretta evocazione dei due parametri costituzionali, che, peraltro, come è noto, operano su piani distinti.

Se tale approfondimento, quanto meno sul piano del metodo, avrebbe potuto offrire utili elementi tanto al legislatore regionale quanto all’interprete, rimarrebbe da indagare il percorso motivazionale della declaratoria di non fondatezza della questione, incentrato, come si è visto, sulla non onerosità della previsione di legge regionale.

3. Al riguardo, sono consentite solo osservazioni che attengono a profili di metodo.

3.1. Il corredo documentale, nella specie, la Relazione tecnica della legge regionale ritenuta dirimente dalla Corte costituzionale ai fini del decidere, non risulta puntualmente individuato nella sentenza in commento con pregiudizio di una rilettura critica delle conclusioni cui è pervenuta la Corte medesima (peraltro, per quanto sia possibile accedere al bollettino ufficiale della Regione Puglia, rimane difficoltosa l’identificazione della Relazione in questione).

3.2. Il decisivo documento (la Relazione tecnica, appunto) per la risoluzione della controversia riguardava un profilo, quello della copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla legge regionale (art. 3 della legge regionale «1. Agli oneri per l’attuazione della presente legge si provvede nei limiti dello stanziamento previsto per remunerare l’incaricato di pubblico servizio per l’attuale gestione, calcolata sui dati storici riscontrati negli ultimi anni e in particolare per il 2022 per 9.591.860,72 euro».), che non risulta essere stato esplicitamente evocato dalla Presidenza del Consiglio (ma solo accennato al punto 10 dei motivi di diritto del ricorso ma che, comunque, non è richiamato neppure nelle conclusioni, punto 24 dei motivi di diritto, l’art. 81, terzo comma, Cost.).

3.3. La valutazione cui era chiamata a svolgere la Corte, per effetto della ritenuta violazione dell’art. 97, primo comma, Cost., era piuttosto quella della tenuta degli equilibri finanziari della Regione in disavanzo sanitario, valutazione da svolgere, semmai ex post e non ex ante, come avviene per le classiche questioni di copertura, tenuto, peraltro, conto dell’espressa individuazione del thema decidendum, puntualmente indicato al citato punto 24 dei motivi di diritto del ricorso, secondo cui la disciplina impugnata “si pone contrasto con l’obiettivo di rientro nell’equilibrio economico-finanziario perseguito con l’Accordo del 29.11.2010” (richiamato solo in premessa, al punto 3 del diritto).

3.4. A tal riguardo, è noto che i garanti del rispetto degli equilibri del disavanzo sanitario sono gli attori dei “Tavoli tecnici” di cui all’art. 2, commi 80 - 95[1], della legge n. 191 del 2009, chiamati a svolgere i prescritti monitoraggi in ordine alla tenuta degli impegni concordati nella stesura del piano di rientro, nonché, eventualmente, la competente Sezione di controllo della Corte dei conti.

3.5. E, non a caso, detti parametri interposti sono stati espressamente richiamati nel ricorso del Governo (punti 7, 12 e 23 dei motivi di ricorso), mentre la Corte (dopo aver ricostruito il thema decidendum, al punto 3 del diritto, sottoposta al proprio vaglio) si è limitata, nella parte motiva, al mero richiamo delle disposizioni contemplate dagli artt. 36, 44 e 45 del d.P.C.m. 12 gennaio 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502», per concludere (punto 8.2 del diritto), nel senso che “[q]uanto alle ricadute finanziarie della legge regionale impugnata, va in primo luogo chiarito che, nella specie, vengono in rilievo prestazioni tutte certamente rientranti nei livelli essenziali di assistenza (precisamente contemplate dagli artt. 36, 44 e 45 del d.P.C.m. 12 gennaio 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502») e dunque di natura obbligatoria; sicché le disposizioni regionali impugnate non implicano prestazioni ulteriori e ampliative rispetto a quelle previste dallo Stato.”.

3.6. In una materia, di particolare tecnicismo, qual è quella della “copertura finanziaria della legislazione di spesa” (parametro, come si è visto, non richiamato dal Governo) - che esige una puntuale indagine tanto sulla morfologia degli oneri e della loro quantificazione quanto della relativa copertura finanziaria – ma anche quello del rispetto degli equilibri, anche in senso dinamico, di una Regione in disavanzo sanitario, la Corte sembra chiamata ad affinare ulteriormente i propri poteri istruttori (specie, a seguito della novella introdotta dall’art. 1 della legge cost. 23 novembre 1999, n. 2, in cui l’istruzione probatoria ha trovato un’ulteriore e più pregnante copertura costituzionale nell’ ampia previsione del “giusto processo”)[2]; tanto più, che, proprio sulla base del principio del giusto processo (art. 111 Cost.), la motivazione della sentenza e l’apparato documentale ad essa sotteso, anche e forse soprattutto in tali casi, si rivela come essenziale per consentire un controllo sulla razionalità e sulla persuasività della decisione stessa (senza considerare che, in situazioni del genere, l’esercizio dei poteri istruttori direttamente da parte della Corte, dovrebbe poi implicare le piene garanzie del contraddittorio, con eventuale riconvocazione dell’udienza pubblica).

3.7. In conclusione, a prima lettura, la sentenza, per la parte relativa agli aspetti finanziari (punto 8 del diritto) non sembra addentrarsi nella questione di legittimità costituzionale per come sottoposta dal ricorso governativo, incentrata, non sulla ritenuta violazione dell’obbligo di copertura (art. 3 della legge regionale n. 21/2024), bensì sulla possibile vulnerazione del principio costituzionale dell’equilibrio del bilancio della Regione Puglia con ricaduta sul parametro individuato nell’art. 97, primo comma, Cost. per effetto della censurata violazione delle norme interposte statali di coordinamento finanziario (in ciò consistendo il thema decidendum).

In disparte l’iter logico del ricorso, che sembra partire dall’art. 117 Cost., quando invece quest’ultimo dovrebbe subentrare solo dopo l’art. 81, terzo comma, Cost. (parametro, quello della copertura finanziaria, non richiamato nel ricorso governativo) e quindi dopo l’art. 97, primo comma, Cost., la sentenza si limita, infatti, a prendere atto dell’attestazione da parte della Regione dell’insussistenza di aggravi finanziari a seguito della entrata in vigore della legge impugnata, il che non si riverbererebbe negativamente sugli equilibri finanziari dell’Ente.

Oltretutto, merita di essere notato che la indicata via seguita nel ricorso, quella dell’asserita violazione dei citati parametri interposti di coordinamento finanziario (art. 117, terzo comma, Cost.) posti a protezione dell’equilibrio dei bilanci delle pubbliche amministrazioni (art. 97, primo comma, Cost.) – peraltro, in linea con la ricostruzione seguita dalla stessa Corte costituzionale in casi analoghi[3] - sembra (erroneamente) presupporre una violazione automatica di norme regionali che introducano prestazioni sanitarie ulteriori rispetto a quelle già a carico del bilancio regionale[4], laddove l’Ente versi in una situazione di disavanzo sanitario. Ebbene, si tratta di un automatismo che non ha fondamento normativo, anche se basato su un’impostazione finanziaria ictu oculi[5] la cui fondatezza va però, e comunque, accertata di volta in volta (quanto meno sulla base del tenore della richiamata norma interposta statale[6]), ma, come, a proposito del ricorso, non risulta essere stato fatto.

Ne consegue in linea generale che, in queste condizioni, è compito della Corte, previa ricostruzione (nella specie non effettuata) della complessa disciplina tracciata dalle citate norme interposte, reputare, in definitiva, se una normazione regionale, di per sé, non onerosa sia da ritenere coerente con il piano di rientro di una Regione in disavanzo sanitario, non limitandosi a prendere atto di quanto asserito dalla Regione che resiste nel giudizio.



[1] Si veda, in particolare, il comma 81 della legge, integralmente trascritto al punto 7 dei motivi di diritto del ricorso: “81. «La verifica dell’attuazione del piano di rientro avviene con periodicità trimestrale e annuale, ferma restando la possibilità di procedere a verifiche ulteriori previste dal piano stesso o straordinarie ove ritenute necessarie da una delle parti. I provvedimenti regionali di spesa e programmazione sanitaria, e comunque tutti i provvedimenti aventi impatto sul servizio sanitario regionale indicati nel piano in apposito paragrafo dello stesso, sono trasmessi alla piattaforma informatica del Ministero della salute, a cui possono accedere tutti i componenti degli organismi di cui all’art. 3 della citata intesa Stato-regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012. Il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, nell’ambito dell’attività di affiancamento di propria competenza nei confronti delle regioni sottoposte al piano di rientro dai disavanzi, esprime un parere preventivo esclusivamente sui provvedimenti indicati nel piano di rientro»”.

[2] L. Leo, Giurisprudenza costituzionale e “questioni tecniche”: i poteri istruttori della Consulta dopo “l’apertura alla società civile”, in Amministrazione in cammino, 22 novembre 2024; M. D’Amico, La Corte costituzionale e i fatti: istruttoria ed effetti delle decisioni, Testo della Relazione introduttiva al Convegno annuale dell’Associazione “Gruppo di Pisa”, 9 e 10 giugno 2017, Università degli Studi di Milano, su «La Corte costituzionale e i fatti: istruttoria ed effetti delle decisioni», in Rivista del Gruppo di Pisa; G.P. Dolso, I poteri istruttori della Corte costituzionale: profili ricostruttivi e prospettive applicative, in Federalismi.it, 11 gennaio 2013.

[3] Cfr. Corte cost. sentt. n. 142/2021; n. 62/2020 (pronunce, non a caso, richiamate nel ricorso del Governo).

[4] Cfr. art. 1, comma 80, sesto cpv, della legge n. 191 del 2009: “Gli interventi individuati dal piano sono vincolanti per la regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro.”.

[5] In modo peraltro eccentrico rispetto a casi analoghi, in cui l’indagine circa l’onerosità dell’intervento legislativo regionale oggetto di censura non risulta finora essere stata percorsa dalla Corte costituzionale: cfr., ad es., citata sent. n. 142/2021.

[6] Sulla base della logica sottesa all’articolata disciplina di cui all’art. 1, commi da 80 a 95, della legge n. 191/2009, laddove i prescritti monitoraggi previsti dai Tavoli di verifica (richiamati, ad es. da Corte cost., sent. n. 62/2020, punto 4.2. diritto) circa il percorso di rientro dal disavanzo sanitario regionale non dovessero essere positivi, si potrebbe giungere a ritenere inibito qualsiasi ulteriore intervento legislativo della Regione in materia, anche a prescindere dell’asseverata insussistenza di oneri ulteriori conseguenti all’approvazione della legge regionale impugnata; ma proprio su tale essenziale snodo la Corte non si sofferma, valorizzando, semplicemente, quanto dedotto dalla difesa della Regione Puglia circa il non aggravio finanziario derivante dalla legge impugnata.



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