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di Giancarlo Doria
Primarie Usa: e se Clinton divenisse l'Al Gore del 2008?
Perché Hillary Clinton è ancora in corsa? E a cosa mira veramente? È su queste domande che da ormai parecchi giorni si esercita gran parte della stampa americana. Al punto che la stessa senatrice si è sentita in bisogno di dare la propria versione della risposta: “Corro perché credo ancora di poter vincere on the merits. [… E] corro perché credo di essere la candidata più forte per fronteggiare McCain”, ha infatti scritto – non senza un pizzico di ambiguità – in una lettera comparsa domenica sul newyorkese Daily News.
Ed è probabilmente ancora alla presenza sottotraccia di tali cruciali interrogativi che si deve la fiammata polemica seguita al riferimento fatto giovedì scorso da Clinton all’assassinio di Robert Kennedy, quando, in risposta ad un giornalista che le domandava per quale ragione così tante persone la invitino al ritiro, la candidata ha affermato: “Non so. […] Storicamente, non ha alcun senso: […]nel 1992, mio marito non si assicurò la nomination che quando vinse le primarie in California, a metà giugno, se ben ricordo; e tutti rammentiamo che Bob Kennedy fu assassinato a giugno in California… Davvero non lo capisco”. È di tutta evidenza che, in circostanze normali, il remark di Clinton sarebbe passato semplicemente come il tentativo, magari maldestro, di instillare negli elettori – attraverso il riferimento ad un evento saldamente ancorato nella loro memoria – l’idea che sarebbe perfettamente normale per i contendenti delle primarie di restare in gara fino all’estate. Viceversa, letta alla luce di quei quesiti, la frase è diventata la confessione dell’inconfessabile: che cioè la senatrice sarebbe ancora nella gara, in ultima analisi, spinta dalla convinzione che qualcosa di simile a quel che accadde al front-runner Kennedy nel ’68 potrebbe accadere nuovamente al front-runner Obama nel 2008...