La delegazione legislativa, che ha visto il suo notevole incremento a partire dalla XIII legislatura, è sicuramente divenuta uno degli strumenti principali di attuazione dell’indirizzo politico del Governo, prestandosi così l’istituto ad essere utilizzato non più solo per disciplinare materie tecnicamente complesse, ma per «affrontare temi ad alta complessità politica, per porre in essere ampi processi riformatori». Se lo strumento della decretazione delegata risulta certamente ormai un «canale privilegiato per le riforme ordinamentali», la conseguenza naturale, immediata, sembra essere lo spostamento del fulcro legislativo dal Parlamento al Governo. Osservando anche solo le ultime due legislature (XVI e XVII), notiamo immediatamente che i più importanti impianti di riforma passano attraverso una delega legislativa: il federalismo fiscale (legge 42/2009), la riforma della contabilità pubblica (legge 196/2009), la riforma Brunetta sul pubblico impiego (legge 15/2009), la riforma Gelmini dell’Università (240/2010), la delega fiscale (legge 23/2014), il riordino delle autonomie locali (legge 56/2014), il recentissimo “JobActs” (legge 183/2014). Il punto di maggior complessità per portata della riforma (che ha visto un intreccio tra Governo, Parlamento ed enti territoriali) nel panorama della legislazione delegata delle ultime legislature è sicuramente rappresentato dalla legge delega sul federalismo fiscale, che a conclusione di un lungo iter quinquennale risulta esaminabile alla luce della problematica dell’effettivo (o meno) spostamento della funzione normativa primaria dal Parlamento al Governo. Il lavoro si articolerà fondamentalmente in tre fasi: ad uno studio degli strumenti riequilibrativi astratti previsti dalla legge delega, che pur facendo tesoro di tutte le esperienze pregresse nella decretazione legislativa lasciavano ipotizzare, alla vigilia dell’entrata in funzione del meccanismo, una deriva governo-centrica (capitolo 1), seguirà un momento di predisposizione dello strumentario analitico per isolare e far emergere tutti gli aspetti nodali dei singoli decreti legislativi emanati (capitolo 2); per poi concludere con l’analisi delle risultanze dell’applicazione degli strumenti alle varie fasi della decretazione delegata (capitolo 3). L’idea che ci aspettiamo di veder suffragata dalle risultanze di questo studio è che nell’attuazione della delega sul federalismo fiscale, nonostante l’indubbia pervasività e primazia del ruolo del Governo nella decretazione delegata, il Parlamento non si sia limitato a svolgere un ruolo di spettatore costantemente informato, ma si sia attentamente ritagliato la funzione co-attore primario, seppure dietro le quinte. Una sorta di scrittore-ombra, un ghostwriter, che fuori dai riflettori delle dinamiche assembleari incide concretamente e puntualmente sui testi in via di emanazione, ampliando al massimo grado l’efficacia degli strumenti (teoricamente consultivi) a disposizione... (segue)
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