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FOCUS - Fonti del diritto N. 1 - 29/02/2016

 Il diritto ad un processo nel merito

Si è scritto molto sul processo costituzionale definito con la sentenza della Corte Costituzionale 238 del 2014 ( cui è seguita la sostanzialmente conforme ordinanza n. 30/2015 ) e sulle quattro ordinanze di rimessione pronunciate dal Tribunale di Firenze, identiche in diritto ma attinenti a controversie aventi ad oggetto illeciti differenti sotto il profilo materiale. Si è scritto di getto, a ridosso dei provvedimenti come ormai consente la velocità della rete, e si è poi tornati a scrivere, anche da parte degli stessi autori, ripetutamente in seguito. E’ anche vero, come si è scritto, che la sentenza della Corte Costituzionale ha fatto il giro del mondo  ed in effetti il feedback dalla comunità internazionale è stato davvero intenso. Anche lo scrivente, nell’esercizio della sua funzione giudicante, ha avuto la possibilità di esprimersi più di una volta: dapprima con le quattro contestuali ordinanze di rimessione , poi, a seguito della riassunzione dei quattro processi restituiti dalla Corte Costituzionale, con i provvedimenti interinali di proposta conciliativa ed invio in mediazione delegata  per due dei quattro casi di cui era investito. Infine con le sentenze di merito che hanno definito i processi. L’occasione gentilmente offerta dalla Redazione di questa rivista proietta invece il giudice rimettente fuori dal processo e nel vivo del confronto scientifico. Questo intervento sarà limitato ai profili delle controversie direttamente coinvolti dal definito processo costituzionale e non toccherà il merito delle domande, la responsabilità, il danno, il risarcimento ancora sottoposto alla valutazione del giudice nel quarto ed ultimo processo rimesso alla Consulta. Né toccherà i profili attinenti alla domanda di manleva proposta dalla Germania verso la Repubblica Italiana. Vale la pena prima di tutto sottolineare che non soltanto nei provvedimenti giudiziari (doverosamente ancorati al fatto di causa ed immersi nella vicenda storica ed umana delle parti coinvolte) ma anche negli interventi di taglio squisitamente scientifico si ascolta l’eco profonda della tragedia nella quale sono collocati i fatti che hanno dato origine al contenzioso. Fa riflettere allora che tale rilevanza storico politica abbia suggerito ad un’autorevole rivista di far precedere da un’avvertenza la pubblicazione dei due commenti ( peraltro di tenore divergente l’uno dall’altro ), sulla necessità di mantenere distinto il dibattito accademico che “non può che rimanere sul piano scientifico astratto” dal “piano umano e concreto al fondo di questa decisione “ che in quanto “dichiaratamente mirata a fare evolvere il diritto internazionale consuetudinario, contribuisce a tenere bene aperto un dibattito storico-politico su episodi che purtroppo da soli pochi anni si sono saputi ricordare davvero e non, invece, rimuovere” . Per il giudice una tale scissione di piani non ha, non può avere, non ha evidentemente avuto gli stessi confini. Non ovviamente nel senso che il rigore scientifico possa cedere il passo a valutazione metagiuridiche, ma nel senso che la pressione giuridica del fatto sul sistema giuridico, la sua irriducibile novità al cospetto dell’ordinamento giuridico impongono, sempre e di volta in volta, una ri-costruzione integrale della disciplina regolatrice, un suo ripensamento tanto profondo quanto lo sono i valori in gioco. Trova, anche perciò ed ancora una volta, cristallina conferma, l’importanza della scelta costituzionale del sindacato incidentale di costituzionalità costruito con un giudice vicino al fatto ed alla norma in fase di applicazione, chiamato a interrogarsi sulla costituzionalità della norma, ed un giudice guardiano della Costituzione chiamato a dire la parola definitiva sulla conformità ad essa delle fonti sospettate di contrasto. Per il giudice di merito ed in particolare per quello destinato ad occuparsi della responsabilità civile non rappresenta una novità cimentarsi con la ricostruzione del sistema delle fonti di rango costituzionale di tutela della persona, perché l’intero assetto della tutela civile della dignità umana ha risentito, ormai da alcuni decenni, della necessità di dare diretta attuazione giurisprudenziale, solo di rado mediata dal legislatore, degli articoli 2, 24 e 32 della Costituzione... (segue)



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