L’imminente ed auspicato avvio della c.d. “fase 2” dell’emergenza pandemica che stiamo vivendo consente una prima riflessione critica su alcuni aspetti della magmatica normativa emergenziale prodotta, a vari livelli, nelle ultime settimane. In particolare, queste brevi riflessioni concernono due tematiche che, per differenti motivazioni e con diverse intensità, sono state anche oggetto del dibattitto pubblico: da un lato il rapporto tra scienza e diritto nella gestione del rischio, dall’altro la collaborazione pubblico-privato nei processi di risk management. Sotto il primo profilo, non si può non osservare la tendenza dei rappresentanti di governo a richiamare le indicazioni scientifiche a fondamento delle proprie scelte. Nel caso italiano, tali indicazioni scientifiche vengono ulteriormente diffuse grazie alla partecipazione di autorevoli componenti (o collaboratori) di comitati tecnico-scientifici a importanti talk show televisivi, con dichiarazioni (poi rilanciate anche via social network) che contribuiscono a ingenerare un vero e proprio legittimo affidamento dei cittadini nell’ipse dixit scientifico “di Stato”. In realtà, l’emergenza COVID-19 si è caratterizzata, fin dall’inizio, proprio per l’assenza di certezze scientifiche sulla prevenzione e gestione dei rischi per la salute umana. Del resto, nel solco della teorizzazione sociologica della “società del rischio”, la tradizionale deferenza del diritto ai portati tecnico-scientifici è entrata in crisi di fronte ai casi di incapacità della scienza di fornire risposte certe sulla dannosità o meno di numerose attività. Sul fronte della cooperazione pubblico-privato, le recenti normative emergenziali e lo stesso dibattito pubblico maturato su di esse sembrano privilegiare modelli tendenzialmente pubblicistici, con una complessiva sottovalutazione delle potenzialità della collaborazione pubblico-privato nella valutazione e nella gestione del rischio pandemico. La stessa riflessione sul principio costituzionale del principio di sussidiarietà orizzontale sembra essere poco presente nel vivace dibattito sull’emergenza pandemica. Tale riflessione, al contrario, mantiene la sua centralità anche nella prospettiva del coinvolgimento dei privati nei percorsi di certificazione della sicurezza, come nel caso del ruolo della laboratoristica privata nei processi di screening di intere categorie della popolazione attraverso test molecolari (c.d. tamponi) e di tipo sierologico… (segue)