Che la Maremma si identifichi prevalentemente con il territorio della provincia di Grosseto e che la Ciociaria sia inequivocabilmente la provincia di Frosinone è nozione sostanzialmente pacifica per tutti gli italiani. Allo stesso modo, che il Salento indichi la proVincia di Lecce e che il Polesine indichi la zona di territorio veneto corrispondente alla provincia di Rovigo è altrettanto noto. Nessuno metterebbe in discussione, poi, che tra il territorio della provincia siciliana di Palermo e quello della egualmente siciliana Ragusa vi siano differenze sociali, economiche ed anche culturali notevoli, così come non vi è alcuno che si azzarderebbe a paragonare un marchigiano della provincia di Pesaro con uno della provincia di Ascoli Piceno o un umbro di Perugia ad uno di Terni. È, questa, un’osservazione forse banale, ma che, a ben guardare, sottintende un concetto assai rilevante: l’identità provinciale in Italia è un dato che si potrebbe definire ‘socialmente acquisito’. Se questo assunto è vero, il compito dello studioso di diritto che analizza il fenomeno giuridico provincia e che, soprattutto, riflette su quali possano essere gli interventi migliorativi sul diritto positivo, non può che essere quello di interrogarsi anche con riguardo a questo aspetto: da dove nasce questa consapevolezza identitaria? Quale è la storia da cui scaturisce? Che correlazione c’è tra il dato sociologico ed il dato normativo? Che relazione c’è – se c’è – tra la provincia come luogo identitario e la provincia come ente giuridico? E soprattutto, quanto incide – se incide – questo aspetto sulle eventuali modifiche istituzionali ed organizzative che si possono e si debbono pensare per riordinare l’assetto amministrativo del Paese?