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di Antonio Ferrara
La questione della città metropolitana di Roma Capitale
La legge 42 del 2009 sul c.d. federalismo fiscale, com’è noto, è intervenuta a dare attuazione o forse, sarebbe meglio dire, a dar il via al complesso e articolato percorso di attuazione dell’art. 119 della Costituzione. La stessa legge detta però anche alcune norme attuative dell’art. 114 Costituzione. Del primo comma, che prevede che la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato; e anche dell’ultimo comma, che riserva e rinvia alla legge dello Stato la disciplina dell’ordinamento speciale della Capitale della Repubblica. Da una parte, dunque, per dare attuazione a questa legge occorre istituire le Città metropolitane, che ancora oggi sono entità puramente virtuali, e dall’altra dar vita a Roma-Capitale.
Io qui mi vorrei soffermare brevemente solo sul punto di intersezione di queste due novità istituzionali. Vale a dire sulla questione della Città metropolitana di Roma Capitale.
Nel far questo devo però subito dichiarare un certo scetticismo sull’effettiva attuazione delle nuove previsioni concernenti le Città metropolitane, in genere, e quella di Roma, in particolare. Un ventennio esatto di inattuazione a partire dalla legge 142 del 1990 non può essersi accumulato, infatti, per via del caso e del destino avverso.
È certamente vero che l’ormai quasi decennale legge di revisione costituzionale del Titolo V della nostra Carta fondamentale ha rimosso il primo ostacolo per la loro istituzione: il diverso status delle città metropolitane rispetto agli altri enti locali. Il nuovo articolo 114, infatti, ha dato un fondamento costituzionale alle Città metropolitane al pari che ai Comuni e alle Province. La medesima disposizione costituzionale ha fatto però anche altro: ha modificato la nostra forma di stato, riconoscendo la pari ordinazione e la pari dignità istituzionale degli enti locali nei confronti delle Regioni e dello Stato. Di modo che adesso tutti questi soggetti istituzionali solo nel loro insieme trinitario costituiscono la “Repubblica una e indivisibile”. Non possiamo più assolutamente pensare, quindi, agli enti locali come enti derivati dallo Stato di cui questo possa liberamente disporre (com’era senz’altro sotto il vigore dello Statuto Albertino) ma come soggetti componenti un nuovo sistema che non è ancora propriamente federale e che pur consente senz’altro un progressivo processo di federalizzazione della Repubblica...
(segue)
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