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NUMERO 14 - 15/07/2015

 La giustizia elettorale in Francia: un delicato equilibrio tra complessità ed efficacia

L’ordinamento francese presenta un sistema di giustizia elettorale che, per il suo essere in parte frutto di stratificazioni storiche, risulta piuttosto complesso, ma che, nonostante alcuni aspetti di criticità, appare compiuto e globalmente efficace da un punto di vista delle garanzie di un corretto esercizio del diritto di visto e della regolarità delle procedure che conducono alla designazione a cariche elettive. Nell’evoluzione che il sistema ha conosciuto, la Costituzione della V Repubblica (1958) ha segnato certamente un punto di svolta, nel senso che è a partire dalla sua entrata in vigore che una valutazione in termini di compiutezza può essere prospettata. Nella tradizione costituzionale post-rivoluzionaria, la verifica dei poteri dei parlamentari rientrava, infatti, da sempre – con l’eccezione del periodo del Consolato e del I Impero – nelle prerogative delle assemblee, al punto che era andata consolidandosi la teoria secondo cui, in materia di verifica dei poteri, la Camera è un «jury souverain», chiamato ad esprimersi in base alla «sua anima e coscienza, [] indipendentemente da qualunque specie di prova processuale». L’estensione del potere e, soprattutto, il suo esercizio in concreto erano stati oggetto di crescenti critiche nel corso degli anni, che non avevano tuttavia impedito al Costituente della IV Repubblica di porsi nell’alveo della tradizione né all’Assemblea nazionale di seguitare a contaminare con considerazioni di ordine chiaramente politico le determinazioni in merito alle elezioni dei propri componenti. Esempio emblematico (o, forse meglio, estremo) di questo atteggiamento si ebbe in occasione delle elezioni del 1956, quando il successo elettorale del movimento poujadista, populista di destra, venne largamente ridimensionato attraverso l’uso disinvolto della verifica dei poteri, in seguito alla quale 11 dei 53 candidati eletti nelle file del movimento vennero dichiarati ineleggibili e sostituiti da candidati sconfitti, appartenenti a partiti non anti-sistema. A rendere ancor più profondo il solco che divideva queste prassi dai postulati dello stato di diritto si poneva il confronto con le altre consultazioni popolari, per le quali nel corso del XIX secolo si era affermato il controllo da parte della giurisdizione amministrativa, ed in particolare del suo organo di vertice, il Conseil d’État... (segue)



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