
In una fase come quella attuale, caratterizzata da sentenze particolarmente rilevanti, sia per i temi trattati sia per gli effetti prodotti, il dibattito dottrinale sulla giustizia costituzionale appare destinato ad assumere una nuova configurazione, a partire da rinnovati interrogativi in merito all’opportunità di riformare (o meno) le sue procedure. Non che al dibattito sia stata estranea la prospettiva riformista, che in diverse stagioni ha riguardato la giustizia costituzionale; attualmente però essa viene avvertita con maggiore urgenza, per ragioni che potremmo sinteticamente ricondurre, da un lato, a quello che in alcuni casi è sembrato da parte della Corte un overruling ingiustificato ed eccessivamente repentino (soprattutto in occasione del controllo di costituzionalità di norme a forte impatto macroeconomico), dall’altro, a quella che talvolta è stata interpretata, per lo più a torto, come una tendenza della Corte, soprattutto in alcune recenti pronunce, ad un eccessivo ampliamento delle sue competenze. Che la creatività della Corte si spinga al punto da incidere sull’efficacia nel tempo della dichiarazione di incostituzionalità o tanto da ridimensionare l’elemento della incidentalità (rendendo sempre meno incisivi gli effetti delle sentenze sul giudizio a quo) può trovare, in parte, giustificazione nelle fonti sul suo funzionamento, caratterizzate da ampi segmenti di flessibilità, nonché nell’autonomia ad essa riconosciuta nel disciplinare l’esercizio delle sue funzioni (art.14, l. 11 marzo 1953 n. 87). Tuttavia, non sembra di particolare rilievo, nella prospettiva del dibattito, assumere una posizione in termini di maggiore o minor rigore, ovvero su se sia giusto (e dunque porre la questione in termini assiologici) un impianto di regole più o meno stringente, quanto chiedersi cosa possa costituire in questo specifico modello di giustizia costituzionale (anche per come esso si è evoluto attraverso la giurisprudenza della stessa Corte) un’effettiva garanzia di coerenza e di gradualità del cambiamento. Tenuto conto, infatti, più realisticamente, che il margine di flessibilità della disciplina è spesso necessario per risolvere i problemi di incostituzionalità, la garanzia – a nostro avviso - non va tanto ricercata nelle regole procedurali, ma nell’elemento strutturale dell’organo, ovvero nella collegialità... (segue)
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