Con la sentenza in commento, la Corte costituzionale si è pronunciata sulla legittimità della legge elettorale della Regione Lombardia n. 17 del 2012. La Corte ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità riguardante l’articolo 1, comma 24, che disciplina l’attribuzione del premio di maggioranza, e non fondata la questione avente ad oggetto la soglia di sbarramento, così come prevista dall’articolo 1, comma 30, lett. d). Questa decisione, seppur con talune specificità, si inserisce in quel complesso filone giurisprudenziale dedicato alla materia elettorale e inaugurato dalla Corte con la “storica” sentenza n. 1 del 2014. Intale pronuncia, infatti, il Giudice delle leggi, dopo aver “sposato” le tesi delle Corte di cassazione in merito all’ammissibilità delle questioni prospettate (in relazione sia alla loro pregiudizialità rispetto alla definizione del giudizio principale, sia alla rilevanza delle stesse), aveva dichiarato l’incostituzionalità del premio di maggioranza assegnato per l’elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica in difetto di una soglia minima di voti o di seggi, in quanto “foriero di una eccessiva sovra-rappresentazione della lista di maggioranza relativa”, tale da determinare in concreto “una distorsione tra voti espressi e numero di seggi”. La Corte, quindi, aveva rilevato l’irragionevolezza della disciplina censurata. Spostando l’attenzione sui sistemi regionali, in primo luogo, è opportuno ricordare che l’articolo 122 della Costituzione riserva proprio alla legge regionale, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, la disciplina del sistema d’elezione (nonché del numero e dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità) del Presidente, degli altri componenti della Giunta e dei consiglieri regionali. Con la legge quadro n. 165 del 2004 (seppur in modo generico e, a detta di alcuni, “poco conformativo”), lo Stato ha posto i principi fondamentali della materia. Tra questi, l’articolo 4, lett. a), richiede l’individuazione di un sistema elettorale in grado di agevolare la “formazione di stabili maggioranze” e, allo stesso tempo, assicurare “la rappresentanza delle minoranze”. In tal modo, quindi, il legislatore statale ha ricercato un equilibrato compromesso tra le esigenze democratiche di governabilità e di rappresentanza. Se si guarda alla prassi, è riscontrabile una tendenziale omogeneità dei sistemi elettorali regionali (formula di tipo proporzionale, premio di maggioranza e soglie di sbarramento), che ha smentito quel rischio, invero da subito ritenuto “probabilmente infondato”, che le Regioni realizzassero “una sorta di vestito d’arlecchino elettorale”. Sin dalle fasi immediatamente successive alla decisione n. 1 del 2014, una parte della dottrina si è interrogata circa l’estensibilità dei principi enucleabili da questa sentenza alle assemblee regionali. Secondo una prima prospettiva, la Corte avrebbe evidenziato l’orientamento di distinguere tra elezioni parlamentari ed elezioni di altre assemblee politiche. Tale convinzione si fonderebbe sui richiami testuali all’articolo 67 della Costituzione e alla sentenza n. 106 del 2002 e, in particolar modo, sulla consapevolezza che la conformità costituzionale della disciplina elettorale regionale non andrebbe valutata tout court, ma in relazione alle caratteristiche proprie della forma di governo regionale definita in via transitoria dalla Costituzione e adottata oramai da tutte le Regioni con l’approvazione dei nuovi Statuti. L’investitura diretta del vertice dell’Esecutivo, quindi, qualificherebbe come presupposto necessario della forma di governo neo-parlamentare l’esistenza di un premio di maggioranza, al fine di garantire la “consonanza” politica tra Presidente e Consiglio. Per tali ragioni, i tentativi compiuti anche dalla giurisprudenza di assimilare i sistemi regionali a quello nazionale, al fine dell’applicazione delle valutazioni della Corte di cui alla pronuncia n. 1 del 2014, non terrebbero in adeguata considerazione il nesso sussistente tra la forma di governo regionale (caratterizzata, come anticipato, dall’elezione diretta e contestuale del Presidente e dell’assemblea, nonché dalla clausola del simul stabunt, simul cadent), e il sistema elettorale majority assuring, nella prospettiva della realizzazione volontaria di un preciso modello istituzionale... (segue)
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