La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza del 5 aprile 2016 C-689/2013 (Puligienica c. Airgest s.p.a.), è tornata ad occuparsi della dibattuta questione concernente il rapporto tra il ricorso principale e il ricorso incidentale escludente nei giudizi in materia di appalti pubblici; ossia dell’ordine di trattazione di essi. In particolare è stata affermata l’incompatibilità con il diritto europeo della “regola” giurisprudenziale in ossequio alla quale il giudice amministrativo è tenuto ad esaminare preliminarmente il ricorso incidentale a carattere escludente, così che persuadendosi della fondatezza dello stesso, potrà senz’altro dichiarare la automatica inammissibilità del ricorso principale, senza doverlo esaminare nel merito. È ormai noto, in lungo e in largo, che nel 2014 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ebbe a statuire che «nel giudizio di primo grado avente ad oggetto procedure di gara, deve essere esaminato prioritariamente rispetto al ricorso principale il ricorso incidentale “escludente” che sollevi un’eccezione di carenza di legittimazione del ricorrente principale non aggiudicatario, in quanto soggetto che non ha mai partecipato alla gara, o che vi ha partecipato ma è stato correttamente escluso ovvero che avrebbe dovuto essere escluso ma non lo è stato per un errore dell’amministrazione; tuttavia, l’esame prioritario del ricorso principale è ammesso, per ragioni di economia processuale, qualora risulti manifestamente infondato, inammissibile, irricevibile o improcedibile». Per tale via si consacrava nell’ordinamento processual-amministrativo italiano la c.d. «pregiudizialità» del ricorso incidentale escludente con effetto paralizzante rispetto al ricorso principale; la prioritaria trattazione del ricorso incidentale, qualora avesse condotto il giudice a persuadersi della fondatezza delle censure con esso dedotte, avrebbe reso sovrabbondante la trattazione pure del ricorso principale, il quale diventava, quindi, inammissibile per carenza di interesse. Sennonché, questa regola (per come concepita dal giudice nazionale) finiva col determinare uno svuotamento (o comunque un forte depotenziamento) del significato da attribuire sia al termine «efficace», con il quale l’art. 1 della direttiva 89/655/Cee aggettivizza il ricorso proponibile avverso le decisione assunte dalle amministrazioni aggiudicatrici all’esito delle procedure di evidenza pubblica, sia al termine «accessibile» con cui sono espressamente qualificate le procedure (giurisdizionali e amministrative) azionabili ai fini della composizione delle controversi aventi ad oggetto appalti pubblici. Non è dubbio ─ specie alla luce della pronuncia in commento ─ che con la c.d. pregiudizialità del ricorso incidentale escludente si ammetteva, sostanzialmente, l’ingresso di una sorta di aprioristico diniego di giustizia attraverso la depauperazione della possibilità per il ricorrente principale di vedere esaminate le censure dedotte al fine di chiedere l’esclusione dell’impresa aggiudicataria e, di riflesso, ottenere la commessa pubblica... (segue)
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