Con la sentenza 25 novembre 2016, n. 251 la Corte costituzionale si è pronunciata sulla illegittimità costituzionale di alcune disposizioni della legge 7 agosto 2015, n. 124 di riassetto delle pubbliche amministrazioni (la c.d. Riforma Madia) sul ricorso presentato dalla Regione Veneto, avente ad oggetto le disposizioni che delegano il Governo ad adottare dei decreti legislativi in alcuni settori dell’agere pubblico, i quali proprio per questo incidono su varie materie cui corrispondono interessi e competenze sia statali sia regionali, oltre che degli enti locali. Le disposizioni impugnate prevedevano che l’esecutivo attuasse la delega «previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 281 del 1997». In sintesi, la Regione Veneto ha sostenuto nel proprio ricorso un duplice vizio della normativa impugnata: in primo luogo, in quanto non rispetterebbe il riparto di competenze di cui all’art. 117 Cost., poiché lesiva della sfera legislativa regionale residuale (organizzazione amministrativa regionale, turismo, servizi pubblici locali, trasporto pubblico locale) o concorrente, mediante l’introduzione di una disciplina legislativa di dettaglio. In secondo luogo, tali disposizioni sarebbero lesive del principio di leale collaborazione, che deve conformare i rapporti tra lo Stato e le Regioni, in quanto ai fini dell’adozione dei decreti legislativi delegati è stato prescritto il parere della Conferenza unificata, qualificato dalla ricorrente come una forma insufficiente di raccordo. L’Avvocatura dello Stato, nel costituirsi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza delle questioni proposte, in quanto tutti gli oggetti a cui si riferiscono le disposizioni impugnate sarebbero riconducibili ad ambiti di competenza esclusiva dello Stato. Per quanto in questa sede interessa, il giudice delle leggi ha accolto le doglianze, prospettate dalla ricorrente Regione Veneto, dichiarando l’illegittimità costituzionale delle disposizioni impugnate, ad eccezione dell’art. 1 della lg. n. 124/2015 (rubricato “Carta della cittadinanza digitale”), nella parte in cui prevedono «che i decreti legislativi siano adottati previa acquisizione del parere reso in sede di Conferenza unificata anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni». Sembra opportuno, in primo luogo, richiamare sinteticamente il contenuto delle disposizioni portate allo scrutinio della Corte. Le norme impugnate presentano un carattere eterogeno, unificate però dal tentativo di riordino del legislatore statale: l’art. 1 della citata legge, anch’esso oggetto di scrutinio da parte della Corte e fatto salvo da quest’ultima, delega il Governo ad «integrare e modificare» il Codice dell’amministrazione digitale, al fine di rendere effettiva la cd. “Cittadinanza digitale”. Le altre disposizioni, che spaziano dal tema della dirigenza pubblica (art. 11) a quello del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (art. 18) e dei servizi pubblici locali di interesse economico generale (art. 19), presentano uno schema comune che può essere così ricostruito: si delega il Governo ad adottare, entro un periodo di tempo variabile tra i dodici e i diciotto mesi, dei decreti legislativi di riforma dei settori pubblici di interesse, «previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e del parere del Consiglio di Stato, che sono resi nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere» . In tutte queste ipotesi è attribuito «il potere di adottare uno o più decreti integrativi o correttivi del decreto legislativo già adottato (cosiddetto decreto principale)». La Corte costituzionale, nel dichiarare la contrarietà a Costituzione di queste disposizioni poiché, in contrasto con il principio di leale collaborazione, prevedono che i «decreti legislativi siano adottati previa acquisizione del parere reso in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato- Regioni», dispone che la pronuncia di illegittimità costituzionale sia circoscritta alle sole norme di delegazione, non estendendosi ai relativi decreti-legislativi attuativi... (segue)
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Simone Barbareschi (05/06/2024)