
Le presenti riflessioni sono dirette a cercare di comprendere, alla luce di quanto hanno stabilito i recenti arresti giurisprudenziali (di merito e di legittimità) in tema di trascrivibilità dell’atto di nascita validamente formato all’estero recante l’indicazione di due genitori dello stesso sesso, quanto e in che modo è mutata la complessiva struttura dell’ordinamento costituzionale in ordine ai concetti di “genitorialità”, “filiazione” e, dunque, su di un piano omnicomprensivo, di “famiglia”. Il precedente italiano più autorevole è, come noto, quello emesso da Cass. civ., Sez. I, sent. n. 19599 del 2016, con il quale i giudici della nomofilachia, attraverso una motivazione assai articolata, hanno fissato una serie di “principi di diritto” in tema di omogenitorialità, al fine di escludere, in conclusione, che la trascrizione in Italia dell’atto di nascita formato all’estero (nella specie in Spagna) dal quale risulti che il minore è figlio di due madri, contrasti con l’“ordine pubblico” nazionale. Ragionare su tale ultima decisione appare indispensabile non soltanto perché è risultata, in alcune sue parti, una sorta di “ariete” per le decisioni successive dei giudici di merito, operando, di fatto, un inquadramento sistematico della “genitorialità omosessuale” nel nostro ordinamento giuridico. Ma sembra opportuno soprattutto perché, avendo in essa i giudici ragionato in un’ottica inter-costituzionale, aiutano a comprendere il significato che su tali questioni hanno assunto, nella realtà interpretativo-applicativa, tanto la legge quanto i principi costituzionali, nell’inevitabile interazione sia con le convenzioni internazionali in materia di protezione dei minori, che con il diritto c.d. eurounitario. Tutto ciò, come meglio si vedrà in seguito, al fine di offrire un’effettiva e migliore tutela dei diritti fondamentali dei minori nati, accolti o cresciuti in una famiglia omogenitoriale. Inoltre, come è noto, pronunce non meno rilevanti in argomento appaiono essere quelle che hanno visto i giudici impegnati a garantire la protezione dei minori privi di genitori, attraverso il ricorso all’istituto dell’adozione “in casi particolari” regolata dagli artt. 44 ss. l. 184/1983. Ecco che allora, già alla luce di queste succinte premesse, la portata del titolo appare tutt’altro che suggestiva. Sembra, infatti, che il classico adagio giusnaturalistico “mater semper certa est, pater numquam” appare ormai essere definitivamente superato dalla realtà giuridica positiva anche per l’ordinamento giuridico italiano. Dopo la precitata pronuncia dei giudici della Cassazione (secondo cui ben possono aversi due madri, una “biologica” – che partorisce il figlio – e una “genetica” – che ha donato l’ovulo), nonché di quella dei giudici di merito della Corte d’Appello di Trento (che prevede la possibilità per il nascituro di avere due padri), a ben vedere sembra perdere di valore finanche la “presunzione di paternità” ex art. 231 c.c., prevista appunto al fine di stabilire chi è il padre del nascituro. Stando alla giurisprudenza sviluppatasi sull’omogenitorialità, si viene pertanto a delineare una situazione apparentemente paradossale di questo tipo: per il diritto a) non è più madre solo colei che partorisce il figlio ex art. 269 c.c. (dunque la madre non è “semper certa”), b) oggi è possibile avere la certezza di essere “padre” in ogni caso: mediante la semplice trascrizione dell’atto di nascita che attesti, nei pubblici registri, il rapporto di filiazione consolidatosi all’interno di una coppia same-sex (in potenza, “pater semper certum est”). Prendendo le mosse da tali attestazioni, nelle pagine successive seguiranno alcune annotazioni di ordine (inter)costituzionale in merito a tali non facili questioni. Il tutto in un momento storico nel quale, su tali delicatissimi temi, il silenzio del “valetudinario” legislatore suona più che mai come assordante in uno Stato di democrazia sociale e pluralista come il nostro... (segue)
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