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NUMERO 3 - 31/01/2018

 Prospettive per una nuova valorizzazione della libertà di iniziativa economica di giovani e donne

Nell’epoca della crisi finanziaria le economie e le società si distinguono per la perdita di alcune caratteristiche di stabilità e si traducono in un inevitabile aumento delle disuguaglianze sociali. E sono proprio le conseguenze di questo percorso che influiscono negativamente sui giovani e sulle donne, intesi come soggetti vulnerabili, come una sorta di “anello debole” nel circuito virtuoso della ripresa economica a causa delle difficoltà oggettive legate alle loro caratteristiche endogene che ne delineano una scarsa propensione al rischio. Ed è proprio quest’ultimo fattore a determinare un vincolo stringente per questi soggetti alla possibilità di avviare una attività imprenditoriale, cui si aggiunge un disordinato favor del legislatore (europeo e nazionale) in materia. Dunque, per comprendere appieno la problematica della considerazione normativa di cui necessitano i giovani e le donne che vogliano intraprendere ed affermare una attività economica imprenditoriale, appare opportuno, senza pretese di esaustività, inquadrare la tematica all’interno dello scenario più generale delle micro, piccole e medie imprese nell’ordinamento europeo e nazionale entro il quale questa categoria di soggetti si inserisce, e sottolineare la crescente necessità di un intervento pubblico a sostegno di essi, purché sia un intervento legato alle caratteristiche e ai vincoli della dinamica industriale. Le micro, piccole e medie imprese rappresentano la struttura portante nel tessuto economico europeo e nazionale. Questo segmento comprende, infatti, la grande maggioranza delle imprese esistenti sul territorio ed una quota significativa degli occupati, rappresentando non da oggi il vero motore dell’economia e la tipologia di impresa trainante lo sviluppo economico e sociale a livello globale, svolgendo un ruolo indispensabile «anche nel mantenimento dei fondamentali di democrazia politica, di libero mercato e di welfare positivo». Basti solo pensare che in Europa, nel 2016, le PMI sono pari al 99,8% della totalità delle realtà imprenditoriali (solo lo 0,2% è costituito dalle cd. large enterprises), considerando che esse generano il 57% del valore aggiunto ed impiegano 93 milioni di persone. In Italia, in particolare, il peso delle PMI è assolutamente preponderante; si evidenzia infatti che circa il 99% delle imprese industriali attive ha un numero di addetti inferiore alle 250 unità e l’81,7% sono addirittura microimprese (meno di 10 dipendenti). Quindi, a ben vedere, il settore delle PMI è certamente importante da un punto di vista numerico; tuttavia, se da un lato le piccole dimensioni e alcune debolezze strutturali hanno reso le PMI particolarmente esposte a congiunture sfavorevoli (come, ad esempio l’ultima crisi economica e finanziaria di portata globale), dall’altro le regole esistenti hanno messo chiaramente in evidenza i problemi che affliggono la realtà produttiva delle PMI. Infatti, è indubbio notare, negli ultimi anni, uno sforzo del legislatore sia europeo, sia nazionale a sostegno delle PMI, nell’intento di costruire un corpus di strumenti efficaci per garantirne la concorrenzialità, sia all’interno che all’esterno del mercato unico europeo, sia in quello nazionale, e al fine di «formalizzare il decisivo ruolo economico e sociale proprio delle PMI all’interno dell’UE». Ed è così che la normativa disegnata in primis a livello europeo (principalmente costituita da atti di soft law), sulla base del fondamento dei Trattati che ne delineano le sfere di competenza ha fortemente richiamato al suo interno l’esigenza di un ripensamento complessivo delle regole per l’esercizio delle attività delle PMI, volte sia a rendere più flessibili ed efficaci le facilitazioni di accesso al mercato delle imprese e al credito per l’avvio, lo sviluppo e la crescita di esse, sia volte a modificare e semplificare il rapporto tra PMI e la Pubblica Amministrazione, imputando proprio a questa stretta relazione molti dei problemi che, non da oggi, affliggono l’esercizio dell’attività imprenditoriale. Infatti, tra le numerose difficoltà cui le PMI devono fare fronte per entrare e rimanere all’interno del mercato (che riguardano l’accesso a finanziamenti, l’alta mortalità dell’impresa, il peso crescente dell’indebitamento, ecc.) vi è sicuramente una relazione distorta con la Pubblica Amministrazione, che si evidenzia nella imposizione all’attività imprenditoriale di una numerosa serie di ingiustificati vincoli amministrativi, derivanti da «confusione normativa, ipertrofia legislativa, regolazione eccessiva, frammentazione delle competenze e da tempistiche lunghe ed incerte dei procedimenti amministrativi», tanto da definirla come una amministrazione «di vessazione»… (segue) 



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