Se si pone mente alle novità normative o, se si preferisce, alle "riforme" che sono state introdotte o anche solo avviate nel campo del diritto amministrativo a far data all'incirca dal 2010, è facile avvedersi di come essenzialmente due siano le direttrici fondamentali lungo cui è sembrato e sembra tutt'ora volersi muovere il legislatore. La gran parte dei provvedimenti normativi che negli ultimi anni hanno interessato il settore in argomento ha avuto infatti - quanto meno negli intenti - il duplice obiettivo, da un lato, di favorire la crescita economica, la ripresa degli investimenti (anche stranieri) e, più in generale, lo sviluppo del sistema Paese e, dall'altro lato, quello - per molti aspetti prodromico al primo - di rivitalizzare l'immagine della pubblica amministrazione, appannata da inefficienze, eccesso di burocrazia e, non ultimo, da episodi di corruttela. In tale opera di "restauro" - quanto meno a rigor di logica - uno spazio fondamentale deve (rectius, dovrebbe) riconoscersi all'istituto della responsabilità amministrativa. E tanto non solo perché così suggerisce il senso comune, bensì perché ciò è quanto sembra dato ricavare dalla lettura dei "classici" così come dagli studi di matrice gius-economica e, non ultimo, dal diritto europeo. Anzi, forse è proprio quest'ultimo - che, come si avrà modo di mettere in evidenza nelle pagine che seguiranno, molto ha contribuito affinché fosse infranto il «dogma» dell'irresponsabilità del soggetto pubblico - ad offrirci gli argomenti più interessanti in ordine al ruolo da riservare alla responsabilità amministrativa nel presente momento storico. Lo studio del diritto europeo e specialmente l'analisi della giurisprudenza di Lussemburgo - di cui si darà ampiamente conto nel prosieguo della trattazione - consentono infatti di apprezzare come in tale ordinamento l'istituto in esame svolga un ruolo assolutamente cruciale ai fini della tenuta dell'intero sistema. Tanto che, non a caso, esso è a tutti gli effetti annoverato nell'alveo del diritto processuale (rectius, procedurale), in omaggio a una concezione di giustizia amministrativa ben più ampia di quella cui siamo soliti fare riferimento in base alle sole categorie di diritto interno. Una concezione cioè in virtù della quale possono ritenersi ricompresi nell'idea di giustizia sia gli istituti strictu sensu processuali sia gli istituti che la nostra tradizione giuridica (o, per lo meno, una parte di essa) è solita ascrivere al diritto sostanziale, ma che dal punto di vista del diritto europeo assumono rilievo processuale (rectius, procedurale) perché parimenti volti ad assicurare il rispetto di regole aventi natura sostanziale e, dunque, più in generale la garanzia dell'effetto utile dello stesso diritto europeo. Orbene, presupposto logico indefettibile perché la responsabilità amministrativa possa svolgere una funzione di garanzia o, se si preferisce, di tenuta del sistema del tipo di quella poc'anzi descritta è senz'altro che il suo statuto giuridico sia puntualmente definito. Viceversa, per quel che concerne l'ordinamento italiano occorre osservare come alcuni dei tratti fondamentali dell'istituto presentino ancora oggi - sia sotto il profilo sostanziale, sia sotto il profilo processuale - un grado di incertezza e di indefinizione tale da rischiare di minarne la coerenza sistematica e - quel che più rileva dal punto di vista del cittadino - l'effettività. Tanto basta allora a spiegare l'esigenza di una rinnovata riflessione sul tema della responsabilità amministrativa capace di (ri)consegnarci un istituto il più possibile aderente al ruolo istituzionale che la Pubblica amministrazione è chiamata a svolgere e alla realtà sociale in cui essa si trova oggi ad operare. Una riflessione che - s'intende - dovrebbe muovere proprio da quelli che allo stato risultano essere i nodi gordiani della materia, nel tentativo di scioglierli e conferire così l'attesa coerenza sistematica ad un istituto che per molti aspetti appare ancora in attesa di ricevere adeguata collocazione nell'alveo del diritto amministrativo... (segue)
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