
Il 22 marzo 2018 il Tribunale dell’Unione europea ha emesso la sentenza nella causa De Capitani, con la quale ha stabilito che, qualora ne venga fatta specifica richiesta, il Parlamento europeo deve, in via di principio, dare completo accesso ai documenti riguardanti i triloghi in corso, compreso il contenuto della c.d. quarta colonna, nella quale viene trascritta la soluzione di compromesso raggiunta dai negoziatori. La sentenza, non essendo stata impugnata dinanzi alla Corte di giustizia, è divenuta definitiva. Si può a giusto titolo ritenere che essa assuma una rilevanza di principio non solo nel percorso teso a rafforzare la trasparenza del procedimento legislativo europeo, ma anche nell’ottica di accrescere il livello di democraticità dell’Unione europea. Difatti, sebbene la questione portata dinnanzi ai giudici di Lussemburgo avesse natura prevalentemente tecnica, il Tribunale, facendo proprio l’approccio ampio utilizzato dal ricorrente, ha preso in esame, in termini volutamente generali, l’importanza della trasparenza nel procedimento legislativo, alla luce di alcuni specifici valori fondanti dell’Unione europea, soprattutto la democrazia partecipativa e rappresentativa, nonché di alcuni principi che da questi desumibili, come l’accountability delle istituzioni. Di conseguenza, il Tribunale è andato ben oltre l’esame del caso specifico e si è fatto portatore dell’idea, assolutamente condivisibile, che le istituzioni, per rafforzare la loro la legittimità, devono drasticamente mutare approccio sulla questione della trasparenza del procedimento legislativo. Ad oggi, infatti, tanto la Commissione, quanto i due co-legislatori, ritengono che, al fine di rendere più spedita l’adozione degli atti normativi, esse dispongano di un ampio margine di flessibilità e, quindi, siano legittimate a mantenere un certo grado di riservatezza nello svolgimento dei procedimenti legislativi. In questo modo, però, hanno sviluppato una serie di prassi che mal si conciliano con l’interpretazione estensiva del diritto d’accesso ai documenti fornita dalla Corte di giustizia e, più in generale, con il principio di trasparenza. La sentenza De Capitani, pertanto, si inserisce nel solco di una consolidata giurisprudenza, anche se, come vedremo, per diverse ragioni, assume una rilevanza particolare. Ciò è dovuto al fatto che, finora, il Tribunale e la Corte avevano preso in esame solo questioni relative a fasi che precedono il procedimento legislativo propriamente detto, come le valutazioni di impatto della Commissione, o che ne riguardavano aspetti relativamente marginali, come l’accesso a dei pareri giuridici. Nel caso De Capitani, invece, il Tribunale ha avuto l’occasione di pronunciarsi su una prassi che può essere considerata come il momento fondamentale del procedimento legislativo, oltre che quello più controverso avuto riguardo al ruolo che in esso giuoca il rispetto del principio di trasparenza. Proprio in ragione di ciò, e soprattutto alla luce delle argomentazioni sviluppate dai giudici di Lussemburgo, chi scrive è del parere che la sentenza in esame potrà anche avviare un complessivo processo di riforma degli strumenti di decision-making utilizzati dalle istituzioni politiche dell’UE, quando esse agiscono in veste di legislatori. Una simile riforma è stata sollecitata in più occasioni anche dal Mediatore europeo, soprattutto nelle raccomandazioni adottate a conclusione dell’inchiesta strategica sulla trasparenza dei triloghi, il cui avvio, nel 2015, era stato accolto, non a caso, con un certo disappunto da parte delle tre istituzioni coinvolte. A tal proposito, giova ricordare che, a seguito di tale indagine, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione avevano comunicato che, prima di esaminare le possibili misure da adottare per rendere più trasparenti i triloghi, avrebbero atteso di conoscere la decisione del Tribunale proprio nel caso De Capitani. Dunque, ai fini di una riflessione sugli standard di trasparenza del procedimento legislativo europeo e sui possibili sviluppi futuri, l’esame della sentenza del 22 marzo scorso risulta di indubbio interesse. Naturalmente, l’analisi sarà inquadrata nel contesto delle precedenti sentenze emesse in materia, dal momento che il caso De Capitani si pone nel solco di una consolidata giurisprudenza, attraverso la quale il Tribunale e la Corte hanno interpretato estensivamente il diritto di accesso ai documenti prodotti dalle istituzioni durante i procedimenti legislativi formali ed informali… (segue)
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