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NUMERO 23 - 07/09/2022

 I poteri dello Stato italiano alla luce del PNRR: prime indicazioni

Il Next Generation EU ha comportato una serie di importanti innovazioni sul piano delle politiche dell’Unione europea. La messa a disposizione di ingenti risorse e il ricorso all’indebitamento comune per finanziare i piani di ripresa e resilienza proposti da tutti gli Stati membri e approvati dalla Commissione e dal Consiglio, utilizzabili solo a condizione di assicurare un “soddisfacente conseguimento” di milestone e target lì indicati, segnano una chiara discontinuità, se non un vero e proprio cambio di paradigma, nei contenuti e nel metodo di politiche europee sino ad allora volte soprattutto ad assicurare il rispetto dei parametri di finanza pubblica stabiliti dal Trattato di Maastricht. Le molte novità in termini di contenuti e di metodo presenti nel Next Generation EU sono state fin qui giustificate in nome di circostanze eccezionali: ossia, dell’esigenza di fronteggiare le conseguenze della pandemia di Covid-19, che ha colpito tutti gli Stati membri e richiesto investimenti robusti perché le economie europee si riprendessero. Sempre in nome di accadimenti eccezionali, rappresentati dalla guerra in Ucraina, quelle stesse novità si stanno ora estendendo all’obiettivo di assicurare l’autonomia energetica dell’Unione: è questa la logica che è alla base del pacchetto di proposte presentate dalla Commissione a metà maggio, sotto l’etichetta REPowerEU, che in sostanza propone di aggiungere un capitolo (un addendum, appunto) a ciascun Piano nazionale di ripresa e resilienza, da attuare con il medesimo metodo e ad opera dei medesimi soggetti fin qui incaricati di seguire tali strumenti, a livello europeo come a livello nazionale. Questi elementi, assieme al rilievo riconosciuto al rispetto degli impegni assunti dagli Stati membri con tali Piani nel Transmission Protection Instrument (TPI) – messo in piedi dalla Banca centrale europea (BCE) nel luglio 2022, al fine di consentire alla stessa BCE l’acquisto di titoli emessi in un singolo Paese per evitare eccessivi spread e conseguenti difficoltà nella conduzione della politica monetaria (c.d. “ombrello anti-spread”) – danno la misura del ruolo cruciale che si sta progressivamente attribuendo a questo nuovo metodo di definizione delle politiche dell’Unione europea. Ed è indubbio che la discussione, che è da tempo in corso e che si accinge ad entrare nei mesi decisivi, nell’Unione come nei suoi Stati membri, sulla riforma del patto di stabilità e crescita sarà profondamente influenzata proprio dai primi esiti derivanti da queste novità nei metodi e nei contenuti dell’azione a livello europeo. Si tratta dunque di un processo che, al di là della sua connessione con accadimenti eccezionali, si presta a delineare, specie in prospettiva, una (ennesima) trasformazione costituzionale dell’Unione europea. Anche sul versante italiano – senz’altro uno dei più delicati, in considerazione sia dell’entità del nostro debito pubblico, sia dell’ammontare delle risorse mobilitate, sia, infine, della resistenza alle riforme che ha a lungo caratterizzato il nostro Paese – il PNRR configura, a ben vedere, un nuovo metodo di governo, che incide su tutti i poteri dello Stato, chiamati in qualche modo a ridefinire sé stessi, nelle regole e nelle prassi che li hanno a lungo caratterizzati quanto ai tempi e alle modalità di lavoro, ma pur sempre in coerenza con i principi e le prescrizioni della carta costituzionale (letta, come è necessario, alla luce dei Trattati europei)… (segue)



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