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NUMERO 2 - 27/01/2010

 Da una regione a un'altra. Il percorso costituzionale dei comuni.

La questione c’è da sempre, ovvero fin dal 1948, ma solo ora sta vivendo una sua attualità: come può un comune distaccarsi dalla originaria regione di appartenenza e aggregarsi a un’altra? Dicevo che la questione c’è dalle origini della Costituzione; infatti, l’art. 132 Cost. prevedeva, al secondo comma, che: «Si può, con referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione ed aggregati ad un’altra». Norma costituzionale mai attuata; anche per via di una farraginosa e onerosa procedura referendaria, che si rivelerà essere parzialmente incostituzionale.
Con la riforma del Titolo Quinto della Costituzione, ovvero a seguito di una torsione “federalista” del tipo di Stato, e quindi una valorizzazione delle autonomie territoriali, il fenomeno della migrazione di un comune da una regione a un’altra si sta espandendo sempre più, richiedendo, pertanto, una attuazione della (novellata) norma costituzionale. Insomma, per quanto concerne il distacco/aggregazione dei comuni, la Costituzione si sta muovendo: piaccia oppure no. Ne sono prova le numerose consultazioni referendarie che si sono svolte nei territori comunali, le consequenziali iniziative legislative presentate in Parlamento, al fine di varare una legge che dichiari il distacco e indichi le procedure per definirlo: come è infatti avvenuto nel caso dei comuni dell’alta Valmarecchia, che sono passati dalla regione Marche (e quindi dalla provincia di Pesaro e Urbino) alla regione Emilia Romagna... (segue)



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