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NUMERO 10 - 14/05/2014

 Obiezione di coscienza 'di massa' e diritto amministrativo

Un recente articolo apparso sui Materiali per una storia della cultura giuridica ha riportato l’attenzione su alcune problematiche connesse all’istituto dell’obiezione di coscienza ed in particolare, sulle modificazioni e sugli effetti disfunzionali che possono derivare dal massiccio ricorso all’obiezione di coscienza da parte del personale amministrativo cui è riconosciuto l’importante diritto. In realtà, la problematica non è nuova, ma, negli ultimi tempi sono intervenute due novità che hanno riportato l’attenzione su questo aspetto “più nascosto” dell’obiezione di coscienza; la prima, è costituita dalla pubblicazione, nell’ottobre del 2012, della Relazione del Ministro della Salute sull’attuazione della l. 22 maggio 1978, n. 194, nel periodo 2011-2012 (dati che hanno evidenziato la presenza di una percentuale di obiettori di coscienza pari al 69,3 % dei ginecologi, al 50,8 % degli anestesisti ed al 44,7 % del personale non medico); la seconda, dalla decisione dell’ONG International Planned Parenthood Federation European Network e della C.G.I.L. di presentare due reclami avanti al Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa (che ha già dichiarato ricevibile il primo) finalizzati a censurare <<la mancata garanzia, da parte della legge 194, del diritto all’interruzione volontaria della gravidanza…..per le donne, con conseguente violazione del diritto alla protezione della salute (art. 11) e del diritto a non essere discriminate (all. E), sanciti nella Carta sociale Europea>>. In termini più generali, viene pertanto da interrogarsi su quali siano le conseguenze della presenza di un ricorso percentualmente massiccio all’obiezione di coscienza sulla libertà di scelta dei non obiettori e sulle esigenze connesse alla garanzia all’utenza di un diritto/servizio pubblico da parte della struttura pubblica; immediatamente dopo, l’interrogativo che origina da questo nuovo approccio alla problematica è costituito dai mezzi che l’ordinamento giuridico può legittimamente utilizzare per garantire l’effettività della prestazione/esercizio del diritto in una situazione di massiccio ricorso all’obiezione di coscienza da parte degli operatori... (segue)



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