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FOCUS - Riforma costituzionale N. 1 - 27/01/2016

 Le leggi 'a prevalenza Camera' nel disegno di revisione costituzionale

+ Focus Riforma costituzionale

Le leggi a prevalenza della Camera dei deputati costituiscono un insieme piuttosto articolato di atti-fonte, cui il disegno di riforma costituzionale affida un ruolo centrale nella produzione normativa primaria. L’art. 70 riformato, infatti, dopo aver previsto che la funzione legislativa è “esercitata collettivamente” dalle due Camere solo per alcune leggi espressamente elencate al primo comma, affida alla sola Camera dei deputati l’“approvazione” di tutte le altre. Se, però, queste ultime leggi debbano definirsi monocamerali (v., fra i numerosi altri, Brunelli 2015; Rossi 2015; Romboli 2015, ma anche Camera dei deputati [Servizio Studi] 2015), monocamerali asimmetriche (Pizzetti 2016) o bicamerali asimmetriche (Staiano 2015) è oggetto di discussione. Ciò perché i nuovi procedimenti legislativi introdotti dal disegno di revisione costituzionale non escludono, ma anzi prevedono sempre – sia pur modulandolo variamente – un possibile intervento del Senato. Così, i sostenitori della permanente natura bicamerale di tali leggi, per quanto asimmetrica o non paritaria, valorizzano la circostanza che il Senato è, almeno potenzialmente, messo in condizione di esprimere la propria opinione. D’altro canto, fermo questo non trascurabile dato, occorre guardare anche alle forme e ai modi di intervento di un Senato che, a norma dell’art. 55.4, concorre «nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione» all’esercizio di una funzione legislativa la cui titolarità il comma precedente assegna alla sola Camera dei deputati. Poiché, mentre quelle modalità, nel caso delle leggi bicamerali paritarie di cui all’art. 70.1, sono tali da consentire al Senato un intervento sul testo normativo e giustificano dunque l’idea di un’effettiva compartecipazione alla decisione sul suo contenuto, non altrettanto accade nei casi che qui si esamineranno. Si vedrà, infatti, che l’intervento concesso al Senato per le “altre” leggi consiste nella mera proposizione di modifiche su un testo che viene redatto e deliberato dalla sola Camera dei deputati. Modifiche non in grado, insomma, di alterare direttamente il testo normativo, ma solo allegate affinché sia la Camera a decidere se accedere o meno al conseguente intervento testuale, con un potere decisionale che non appare tanto ultimo, quanto unico. Se, dunque, dal punto di vista giuridico appare a chi scrive maggiormente corretta la locuzione “leggi monocamerali”, sul piano politico invece le locuzioni “bicamerali asimmetriche” o “non paritarie” sono maggiormente in grado di restituire il quadro (più articolato) delle relazioni fra le due Assemblee e delle dinamiche che possono incidere sull’esito del procedimento legislativo. Forse migliore, perché non foriera di fraintendimenti circa l’allocazione del potere decisionale, è la locuzione “leggi a prevalenza Camera” (che consentirebbe altresì di distinguere tali leggi da quelle dalle quali il Senato verrebbe completamente estromesso ove si intendessero gli artt. 78, 79, 80, 81, commi 2 e 6, come derogatori all’art. 70.3; interpretazione piuttosto controversa e sulla quale in questa sede non ci si potrà adeguatamente soffermare per ragioni di spazio)... (segue)



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