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NUMERO 3 - 31/01/2018

 La strategia macroregionale per riorganizzare i territori e costruire l'Europa delle comunità

La strategia macroregionale costituisce una modalità di cooperazione territoriale elaborata nell’ambito del potenziamento delle politiche regionali dell’Unione Europea. In particolare, essa si inquadra nel rafforzamento della politica di coesione che con il Trattato di Lisbona del 2007 ha di fatto assunto, accanto ai profili sociale ed economico già delineati dall’Atto Unico Europeo del 1986, una terza dimensione: quella territoriale. Per mezzo di essa le istituzioni europee hanno inteso elevare la cooperazione territoriale a chiaro obbiettivo comunitario, espressione della volontà di porre la quistione, a differenza del passato, in posizione centrale. Mobilitando il potenziale di crescita che esiste nelle varie Regioni, la politica di coesione spera di migliorare l’equilibrio geografico dello sviluppo economico e di innalzare il tasso potenziale di crescita dell’intera Unione, rendendolo sostenibile, equilibrato ed armonioso, in grado di ridurre le diseguaglianze tra le diverse Regioni europee e di rafforzare la cooperazione transfrontaliera, mediante iniziative congiunte locali e regionali, e la cooperazione transnazionale, mediante azioni volte allo sviluppo territoriale integrato. In sostanza, le Macroregioni sono strumenti per la migliore attuazione della coesione territoriale -che, nell’elaborazione più recente, come ricordato, affianca e completa la coesione economico-sociale: l’unica in riferimento alla quale finora erano state elaborate la maggior parte delle politiche europee- e per la promozione di uno sviluppo “in grado di superare i confini tra Stati-membri”. Rendendo più efficace “un’azione che veda come protagoniste aree territoriali contigue, accomunate da problematiche simili, piuttosto che interi territori statali, considerati separatamente l’uno dall’altro”. Del resto bisogna tenere presente che verso questa modalità di cooperazione si indirizza sempre più frequentemente anche il favore di molti Stati preoccupati dall’accentuarsi dei problemi (come, per esempio, quello degli effetti del cambiamento climatico) che superano i confini amministrativi e non possono essere affrontati in modo adeguato che dalla cooperazione dei territori interessati. Inoltre, c’è da dire che questa strategia di cooperazione territoriale dell’Unione Europea, in modo particolare con la programmazione dei Fondi strutturali 2014/2020, mira ad evitare la dispersione delle risorse finanziarie concentrandole nel tentativo di risolvere alcuni problemi comuni a più autorità statali e sub-statali in determinati settori (definiti “pilastri” o “obiettivi”) la cui dimensione può variare in considerazione della zona geografica interessata, dei soggetti partecipanti e, quindi, delle risorse a disposizione. In poche parole per la Commissione Europea la Macroregione non costituisce una entità nata in base a criteri amministrativi o finanziari ma in funzione delle sfide e delle opportunità transnazionali comuni. Da questa impostazione funzionalista, poi, la Commissiome Europea ne fa derivare la regolamentazione principale, cd. dei “tre No!”: 1) No! a finanziamenti specifici a carico del bilancio UE ma coordinamento dei fondi europei (e nazionali) esistenti per il raggiungimento degli obbiettivi inerenti la strategia individuata; 2) No! all’introduzione di una normativa specifica in quanto ogni strategia macroregionale è frutto di una apposita “comunicazione” della Commissione e del corrispondente “piano d’azione” elaborato in base ai contributi di soggetti pubblici (Autorità nazionali, regionali, locali) e privati (stakeholder, mondo scientifico, società civile); 3) No! alla creazione di un’ulteriore istituzione dovendosi applicare alle Macroregioni i principi della cooperazione, del coordinamento, dell’integrazione, della multilevel governance. Circostanze, tutte queste, che però non si sono dimostrate in grado di dare una risposta soddisfacente al problema principale costituito dall’incapacità delle strutture esistenti di agire in modo efficiente ed efficace a causa della loro frammentarietà. Ed ecco, allora, che la stessa Commissione ha proposto di modificare ed il Consiglio ha accettato, in un certo senso, di capovolgere la regola dei “tre No!” nella regola dei “tre Si!”. E cioè: 1) Si! alla complementarietà dei finanziamenti; 2) Si! alla definizione di una nuova progettualità; 3) Si! al coordinamento degli strumenti istituzionali. In definitiva, configurando la Macroregione come uno strumento per il miglior coordinamento di istituzioni e risorse già disponibili e, nell’ambito delle normative esistenti, per permettere di raggiungere una maggiore efficacia rispetto a quella che si potrebbe registrare a seguito di azioni individuali poste in essere da Unione Europea, Stati-membri, Regioni e Comuni. Ma ciò che fa riflettere di più, se si fa un attimo mente locale a quanto appena cennato, è che l’efficacia di un tale approccio macroregionale finisce per essere definita dalla circostanza che il miglior coordinamento che essa assicura nasce dall’abbattimento e dal superamento dei confini politico-amministrativi entro cui, ad oggi, restano relegati e sono costretti Stati, Regioni ed Enti territoriali vari. Il che significa che una forma di aggregazione dei territori, non più determinata dai retaggi e dai vincoli storici ma indotta dall’attualità dei problemi (ambientali, di sviluppo, di comunicazione, di politiche sociali, etc.), si può costituire sol che si abbia l’accortezza di capovolgere il concetto di confine: da luogo della delimitazione, del limite, del muro, del divieto di oltrepassamento in sede del relazionamento, dell’incontro, della collaborazione, della cooperazione e, infine, della condivisione e dell’integrazione... (segue)



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