L’espressione interpretazione creativa riferita all’attività decisoria del giudice potrebbe rappresentare – e rappresenta secondo i fautori della teoria positivista – un ossimoro: l’interpretazione nella misura in cui è chiamata a dare un senso alla norma di legge non potrebbe per definizione essere creativa, cioè dare vita ad un senso che non è nella norma, come testimoniato dall’art. 101, secondo comma, Cost. (“i giudici sono soggetti soltanto alla legge”). Se così non fosse - si sostiene - non sarebbe possibile distinguere tra legge e sentenza, tra la giustificazione che è a base della prima in funzione del perseguimento di determinati risultati e la giustificazione della sua applicazione in concreto da parte dei giudici. Si assume come decisivo l’argomento che le decisioni giurisdizionali devono essere sempre giustificate in ragione della loro conformità a un sistema di valori e di norme precostituito dal legislatore, al quale soltanto competono le scelte di fondo del vivere insieme di una comunità, essendo i giudici sforniti di una legittimazione popolare: è un precipitato dei principi di legalità e della separazione dei poteri. La teoria positivista invoca il “ritorno al testo normativo” come via ineludibile per assicurare certezza e prevedibilità delle decisioni, da assumere rispettando le tappe di un procedimento conforme allo schema “fattispecie-regola-decisione”: nella “fattispecie” descritta dal legge sono individuati (e qualificati) gli interessi in gioco, quelli prevalenti e quindi tutelabili e le specifiche tecniche di tutela; il giudice ha il compito di accertare il fatto in concreto, di confrontarlo con la “fattispecie” normativa astratta e di applicare la tutela per esso prevista dalla legge secondo il metodo sillogistico-deduttivo (quindi deve riconoscere le situazioni tutelabili, non individuarne di nuove). Alla scuola positivista si contrappone quella “storicista” che valorizza la “fattualità del diritto” e guarda con favore al perfezionamento creativo della legge che si concretizza nell’opera del giudice nel caso particolare. La filosofia ermeneutica ha sottolineato il nesso che intercorre tra interpretazione e applicazione, in considerazione del fatto che il significato dei testi normativi viene determinato in stretto rapporto con la specificità del caso concreto, con le sue circostanze e con i contesti in cui esso si presenta… (segue)
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