Assumere di poter prevedere a quale «tipo» si potrà ricondurre l’esperienza del nuovo Presidente della Repubblica equivarrebbe ad avventurarsi nell’ufficio degli aruspici. E già gli aspiranti a siffatto specifico sacerdozio non mancano, tanto più tra coloro che ritengono disponibili viscere di vittime sacrificali da esaminare, tratte dai soccombenti nell’arena in cui si è pervenuti alla positiva deliberazione del collegio parlamentare integrato dopo una difficile e concitata fase preparatoria (peraltro, gli analisti vogliosi di esibire maggiore raffinatezza e uso di mondo già cominciano ad adombrare l’ipotesi dell’allestimento di un gioco delle parti, fatto di finta violenza, come nelle pièce teatrali mediocri, e di un vero sinallagma occulto: di tanto, chi ne abbia passione, potrebbe scrutare gli indizi, come invece non si conviene a quanti abbiano interesse solo per le connotazioni complessive che va assumendo il sistema, ai quali il dato potrebbe solo interessare, se comprovato, come epifenomeno a conferma delle tendenze più generali nell’assetto delle relazioni politiche). Sennonché, in questo campo, la divinazione è impossibile, e non per mancanza di fede, quanto per mancanza di oggetto. Poiché, invero, dall’esperienza si trae che non ha senso chiedersi quale segno complessivo avrà la presidenza oggi all’avvio: essa avrà il segno determinato dal contesto politico, il quale potrà essere mutevole, anzi è presumibile sia mutevole, poiché il sistema, segnatamente sul versante partitico, ha conosciuto una ristrutturazione profonda ancora in corso di consolidamento. E l’interazione tra tali vicende – di ristrutturazione e consolidamento – e l’azione del nuovo Presidente determinerà il «tipo» di presidenza, che perciò sarà definibile solo a posteriori. Discorrere oggi di una presidenza «normalizzatrice» in contrapposizione alla trascorsa presidenza «imperiale» non ha perciò alcun significato dal punto di vista giuridico-istituzionale: sia perché la qualificazione di «imperiale» (o altra analoga) è efficace nella polemica politica quanto falsificante e fuorviante nell’analisi sistemica, sia perché non v’è alcun sintomo circa la tendenza «normalizzatrice» (né della possibilità di praticare una presunta tendenza siffatta) della presidenza appena iniziata... (segue)
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